In Italia abbiamo inventato un verbo che dice tutto senza ammettere niente: definanziare. Suona tecnico, quasi innocuo. Ma tradotto dal burocratese significa una cosa semplice: si rimanda il futuro — e intanto il presente resta in coda.
La notizia di oggi: nella manovra spunta una sforbiciata ai binari. –50 milioni nel 2026 per la Linea C di Roma, –15 per la M4 di Milano, –15 per il collegamento Afragola–Napoli. I Comuni alzano la mano: “a rischio i servizi essenziali”. Il governo replica che è tutto un fraintendimento di tabelle, che i tagli non sono tagli. Allora perché la parola giusta non arriva mai al binario giusto?
Una metropolitana non è un favore alla città: è il tempo restituito ai cittadini. Ogni euro tolto dai tunnel riappare in superficie sotto forma di smog, bus stipati, occasioni mancate. Possibile che i conti tornino solo quando le persone restano ferme?
C’è una regola elementare dell’ingegneria urbana: dove scorre un treno, scorre lavoro, scuola, vita. Se invece scorre il lessico, i treni restano sulla carta e la fiducia scende alla prossima fermata.
La politica può litigare sui numeri. Ma finché la calcolatrice vince sul calendario, l’unica linea davvero rapida sarà quella che porta le responsabilità da un ufficio all’altro.




















