La diffida del Garante a Report arriva a ridosso della puntata che racconta i suoi rapporti con la politica: carta timbrata contro un microfono acceso. Il foglio chiede di fermare la messa in onda del 2 novembre 2025; più che un atto tecnico, sembra un test di pressione per la libertà di stampa.
La privacy può diventare scudo personale quando l’interesse pubblico bussa alla porta? Se l’inchiesta chiede trasparenza su legami e conflitti, la risposta non può essere “spegnere la luce”. La legge tutela le persone, non le carriere; la cronaca non è un abuso, è un mestiere regolato. Secondo le ricostruzioni, la diffida nasce proprio per stoppare l’episodio che documenta incontri e contatti col partito di governo; l’Authority rivendica indipendenza, i giornalisti rivendicano il diritto di porre domande.
I poteri si verificano, non si avverano per decreto. Un garante solido dimostra la propria indipendenza nei fatti, non zittendo chi controlla. Se c’è materia privata, lo decide la legge; se c’è materia pubblica, lo decide la prova, perché la privacy difende le persone, il potere si difende da solo: lasciate libero il microfono.




















