Crollo Torre dei Conti a Roma: l’operaio estratto vivo è morto in ospedale. La torre era in restauro. L’area resta transennata, l’indagine procede per disastro e lesioni colposi. I soccorsi hanno lavorato a lungo per il rischio di nuovi cedimenti.
Possiamo restaurare un monumento scoprendo i pericoli solo quando si alza la polvere?
Qui il problema non è il cronoprogramma, è l’ordine delle priorità. Prima i collaudi, poi i comunicati. La sicurezza in un restauro non è una casella da spuntare: è il restauro. Servono puntelli certificati, monitoraggi continui, responsabilità nominali. Procedure tracciabili e pubbliche, non slogan. Se la catena si allenta, la pietra non legge i comunicati: risponde alla gravità.
Un cantiere storico chiede trasparenza più che passerelle. Prove più che promesse. Perché quando un restauro diventa un rischio, non è l’urgenza la colpevole: è la superficialità. E a pagare non devono essere lavoratori e città, quindi meno passerelle e più collaudi è l’unico slogan che non crolla.



















