L’intervista all’attore Antonio Zavatteri, sempre più conosciuto, che all’interpretazione del contabile di Gomorra-la seriee alla recente apparizione inMia madredi Moretti, ha aggiunto la performance sulle tavole del palcoscenico del Teatro Out/Off di Milano, partner di Elena Arvigo – anche regista – deIl Boscodi David Mamet terminato il 14 giugno scorso.
Antonio Zavatteri, come è arrivato al mondo de Il Bosco di Mamet?
Ho sempre amato Mamet, il suo teatro e i suoi saggi provocatori e controversi. Mi eracapitato di lavorare a Glengarry Glen Ross, qualche anno fa, e in quell’occasione avevo lettoanche Il Bosco, mi incuriosì immediatamente.
Che cosa è stato ad attrarla fin da principio in questa storia?
Lo conoscevo in modo superficiale ma, quando l’ho riletto dopo la proposta di Elena, sonostato risucchiato all’istante dal mistero e dalla forza dei dialoghi. Ho riconosciuto in modopotente l’universalità delle paure dei due personaggi.
Se dovessi individuare il cuore de Il Bosco di Mamet, quale sarebbe?
Sicuramente non è l’unico aspetto, ma il centro della pièce credo che sia l’incapacità diNick e Ruth di conoscersi e di mettersi in relazione pura fra loro. Sono in qualche modo due‘archetipi’ della difficoltà di rapporto, ma all’interno di forme drammaturgiche nonbanalizzate dalla quotidianità e gonfie di poesia e di sogno.
Che significato simbolico si potrebbe attribuire al ruolo dei due personaggi, Ruth e Nick,della storia in scena?
Non saprei dire con precisione, sicuramente, come ho già detto, sono dei rappresentantidiscretamente tipici delle dinamiche di relazione, e questo è quello che colpisce e in cui siriconosce chiunque assista allo spettacolo.
Antonio Zavatteri, quando ha deciso di lavorare con Elena Arvigo e accettare il ruolo delpersonaggio del racconto?
Io e Elena siamo amici da molti anni, ma non avevamo mai lavorato insieme. Eravamo curiosidi incontrarci sul lavoro per qualche progetto, e ci ripromettevamo continuamente di pensareconcretamente a delle possibilità. Quando Elena mi ha proposto di fare Nick nel suo spettacolo,le ho chiesto tempo per leggere il testo e decidere, ma dopo due ore, il tempo di finirlo, leho scritto immediatamente ‘SI’.
Che cosa è stato ad affascinarla della figura di Elena Arvigo? Un pregio e un difetto.
Siamo due persone profondamente diverse, ed è il motivo per cui ero contento di incontrarlasul lavoro.
Lei è incredibilmente piena di immagini oniriche e poetiche, io sono molto piùpratico e ‘concreto’.
La sua immaginazione e la sua sensibilità sono rare, forse questo laportano ad essere un po’ caotica.
Zavatteri, quale fase o parte del suo lavoro preferisce?
Difficile dirlo, per me. Le prove mi piacciono molto, ma dipende da come procedono, a volte miinnervosiscono anche e non vedo l’ora di debuttare. Se lo spettacolo mi piace e mi diverte,la sera col pubblico è la cosa che più mi piace. Anche uscire dal teatro e andare in qualche localemi piace tanto.
In Italia, le registe donne faticano moltissimo…
Beh si, non solo in teatro mi pare. E non solo le donne. Certo le donne in modo particolare.
A che cosa fa pensare la frase di Denis Diderot, scritta nel 1769 a Grimm – direttore dellaCorrespondance littéraire -in occasione dell’annuncio del proprio testo Paradossodell’attore (pubblicato, con qualche revisione, dieci anni dopo in rivista, e finalmente, nel1830, in libro): “Sostengo che è la sensibilità a rendere gli attori mediocri, l’estremasensibilità gli attori limitati, il sangue freddo e il cervello gli attori sublimi.”?
Ma non credo se ne possa fare una regola, le teorie che semplificano il lavoro dell’attore eche catalogano i sistemi e le categorie e le soluzioni per il nostro lavoro mi trovanoraramente d’accordo. Anche quelle dei giganti, come lo è Diderot. Mah, la faccenda è moltopiù complessa e relativa ad ogni personalità e ad ogni diversa circostanza. Detto questo, ame piacciono molto gli attori intelligenti e poco gli altri, ma è gusto.
Momenti particolari durante la rappresentazione teatrale…
È un testo molto difficile da condurre, l’inizio soprattutto, e l’incontro iniziale fra Nick, Ruthe il pubblico è il momento più denso e oscuro. Probabilmente tutta la prima parte delle scene.
A repliche terminate, quali sono le conclusioni sullo spettacolo?
Lo spettacolo è andato molto bene, anche se non ho mai sentito dire da nessuno: “uh, è stato un disastro!”. Ha avuto un andamento e un evoluzione in crescita continua, anche perché èuno di quei testi che si conoscono e si ‘comprendono‘ col tempo, o quanto meno si riesce adottenere una propria comprensione col tempo. C’è “Bisogno di tempo“, come dice Nick. Diuna cosa sono oggettivamente soddisfatto, che nonostante la complessità del testo lepersone che sono venute hanno partecipato in maniera attenta e sospesa.
Antonio Zavatteri, può anticiparci qualcosa su progetti in preparazione?
Dopo Il Bosco ho cominciato subito la preparazione di Otello,con Filippo Dini nel ruolo del‘moro’ e io in quello di Jago, spettacolo che debutterà al Festival della Versiliana il 24 Luglio.Poi, per il Teatro di Genova, farò in autunno, la regia di Le Prénom, una commedia francesemolto divertente.
Maria Anna Chimenti
Si ringrazia l’ufficio stampa, nella persona di Sara Battelli