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Il Titanic come la Concordia, lo stesso destino cento anni dopo

Nel fatidico centenario di ricorrenza tra i due più eclatanti eventi di affondamento dei transatlantici Titanic e Concordia con migliaia di passeggeri a bordo, i fatti avvenuti rievocano l’assurdo gioco del destino quando per eccesso di sicurezza si trascura l’eterno agguato dell’ “imprevisto “

Alberto Zei by Alberto Zei
23 Maggio 2022
in Senza categoria
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di Alberto Zei

 Dopo la rievocazione dell’inabissamento del Titanic a 100 anni di distanza da quello della Concordia sta riapparendo alla ribalta mediatica in questi giorni anche   un ulteriore strascico riguardante un presunto complotto ai danni del Titanic;   cosa questa che può essere reperita anche on-line ma che attualizza  analoghe situazioni che rievocano il ripetersi delle  condizioni negative di navigazione che hanno condotto la Concordia ad analogo risultato.

 Al  battesimo  del  varo la  prima bottiglia di champagne non si ruppe

Il presente articolo prende in considerazione le cause della collisione e dell’inabissamento del Titanic. Nel  secondo  articolo che sarà pubblicato domani verrà trattata la sorprendente sequenza degli eventi negativi, come una seriedi matriosche, che hanno preceduto l’affondamento in tempi estremamente rapidi a causa di un ulteriore imprevisto.

Corsi e ricorsi – Ancora una volta la intuizione del noto filosofo napoletano Giambattista Vico sui corsi e ricorsi delle grandi catastrofi storiche può  un certo modo, accordarsi con sorprendente  ripetizione e anche  in  eventi di minor spessore quando questi incidono  emotivamente la coscienza di un grande numero di persone. Si tratta di  situazioni che per la loro singolarità sembravano irripetibili ma che si ripresentano invece con caratteristiche del tutto simili a quelle dell’evento precedente.

 Ciò significa che non abbiamo imparato niente di quanto è accaduto prima, oppure si è creduto che certi  fatti non siano correlati se non dal caso, tanto da lasciare scandire gli eventi umani dalla
ineluttailità del destino.                     
                                      Gian Battista Vico 

Il 14 aprile scorso ricorreva  il giorno, ossia la fatidica notte, in cui il  Titanic, il più    innovativo transatlantico della  sua epoca ritenuto inaffondabile, durante il suo viaggio inaugurale nel 1912 incontrò lungo la rotta al largo della Groenlandia  un iceberg alla deriva con il quale ebbe una grave collisione che ne determinò il tragico affondamento in meno di tre ore.                                                                                        

L’inaffondabilità
–
Si trattava di una nave
concepita già da allora con i compartimenti stagni che avrebbero consentito,
anche in caso di gravi danni, di mantenere con il loro vuoto la nave in linea
di galleggiamento.

Ecco che già questo particolare avrebbe garantito la sua inaffondabilità quando
invece il destino decretò al contrario, il suo tragico inabissamento.                             
Un’altra caratteristica della robustezza del Titanic consisteva nella fortissima resistenza del corpo nave agli urti anche più violenti, in quanto lo spessore e la durezza di quel tipo di acciaio utilizzato nella costruzione dello scafo avrebbe resistito anche alle massime sollecitazioni previste. Per quanto riguarda la saldatura delle lamiere tra loro, come nel caso della Torre Eiffel, questa operazione fu sostituita con milioni di ribattini di acciaio per la
relativa congiunzione delle varie parti che avrebbero contenuto con pari o ancora maggiore tenacia la struttura dello scafo nella sua interezza. 
Cos’altro ancora sarebbe mancato per rendere il transatlantico invulnerabile, il cui nome rappresentava nella mitologia greca uno dei giganteschi figli del dio  Urano? Ma i titani come  è noto, erano sì, dei giganti   con poteri straordinari però. ……… come anche nella realtà dell’ omonimo Transatlantico, non erano dotati del potere della  immortalità.

 

 La prevedibilità….. dell’ imprevisto – Eppure
c’è sempre l’imprevisto ossia un agguato con la sua catena degli eventi che come per volontà del destino o per errore umano  si mettono tutti insieme per intervenire uno dopo l’altro, nel modo peggiore da causare un improbabile risultato che però solo dopo ci si accorge “con il senno del poi“, che si sarebbe potuto evitare.

Per quanto riguarda la navigazione non può sfuggire la sequenza degli  errori comuni probabilmente determinati dall’eccessiva sicurezza sotto tutti i punti di vista.             In primo luogo va detto che il Titanic ha attraversato un arco di Atlantico in cui in primavera inoltrata, eravamo infatti alla fine di aprile, si incontravano iceberg provenienti dalla calotta polare nella via delle correnti fredde dirette verso l’altra sponda dell’oceano che si allargavano con la loro presenza anche nel tratto di mare dove il transatlantico percorreva la rotta tracciata per quel viaggio.                              Il Titanic  essendo  dotato di potenti motori avrebbe potuto allargare il percorso più a sud, senza il pericolo di incontri pericolosi come purtroppo in quella notte avvenne ma per questioni di emulazione e di pubblicità per il record è della traversata, preferì non allargare la rotta e non solo.    Infatti un’altra  concausa  che si  deve imputare alla negligenza del personale di bordo è che gli addetti alle comunicazioni radio quantunque fossero stati in condizioni di ricevere la segnalazione di iceberg da parte di altre  navi in transito, non erano presenti nel tempo utile nella sala radio per ascoltare i messaggi, oppure, non hanno riferito al comandante o all’ufficiale di guardia, le informazioni ricevute. Questo è stato accertato dall’indagine dopo il disastro. Ma dove era il comandante durante il tempo in cui il Titanic transitava nel tratto di mare in presenza di iceberg? Si trovava altrove; ossia, nella sua stanza, risponderebbe Giambattista Vico.

Il Comandante  Edward John Smith

Ma
sempre nel campo operativo della rotta seguita dal Titanic, la colpa più grave si deve rilevare che la vedetta  durante la navigazione non aveva a disposizione i binocoli di dotazione perché chiusi a  chiave in un armadietto; binocoli che avrebbero consentito alla vedetta di vvistare in tempo idoneo il pericolo dell’iceberg sulla rotta della nave. Ma non solo, nonostante il tardivo avvistamento,  sarebbe stato sufficiente ad  evitare la collisione se la manovra di allargamento dal  ghiaccio fosse stata  eseguita nella giusta direzione.
Ecco che qui entra pesantemente la fatalità, qualcuno direbbe oppure l’errore umano, ancora più indisponente per accettare l’affondamento del Titanic e le luttuose conseguenze.                                                                                                           
 Ma cosa  fece il timoniere?   Sarà precisato domani  nel  proseguimento  dell’ articolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alberto Zei

Alberto Zei

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