«L’Iliade e l’Odissea le avevamo studiate l’anno prima. E così quando il professore di greco ci disse di aggiungere un saggio sull’argomento, non ne capimmo subito il motivo. Eppure, dopo aver letto il libro e incontrato l’autore, dovemmo ammettere che fu un ottimo consiglio».
Molti studenti del Liceo Claudio Eliano di Palestrina ricordano bene quando Matteo Nucci entrò nell’aula magna per presentare ”Le Lacrime degli eroi”. Nelle due ore, condensate di domande, approfondimenti e risate, quell’uomo che vedevano per la prima volta riuscì nell’impresa di trasformare paladini di marmo, in uomini veri in carne d’ossa.
Sono passati due anni eppure Nucci non perde il vizio di sorprendere. Anzi, presente nella rosa dei finalisti del premio Strega 2017, si è piazzato quarto, alla fine, con il suo ultimo libro “ E’ giusto obbedire alla notte”. Per fortuna la vita di uno scrittore non si esaurisce in un walzer di competizioni e classifiche e se si tirano le somme, ci si accorge che non solo lo studioso romano ha confermato le aspettative sul suo conto, ma che ha dato alla luce un racconto che testimonia la sua identità artistica e la piena maturazione.
Allo studio dell’antico Nucci guarda da sempre con l’occhio del controcorrente, del collezionista incallito che conosce a menadito le pieghe d’ogni suo pezzo e sa cavarvi l’originalità. Anche adesso che ha abbandonato l’Ellade, per interessarsi a una storia dai contorni moderni, ambientata a Roma, quell’occhio da intenditore rimane.
Dal cuore urbano della capitale a un barcone sul Tevere. Il Dottore, così si fa chiamare il protagonista del romanzo, va controcorrente per scelta. Va a vivere in mezzo a chiatte e tubi, tra un’umanità composta di pescatori, di anguille, di sudamericane e zingari negando il suo passato da archeologo e rinunciando al suo stesso nome. La scelta del fiume non è casuale. Sui fiumi avvengono scambi. Sulle sue sponde si incontrano uomini e donne con le loro paure. Si può correre persino il rischio di incontrare se stessi .
E’ giusto obbedire alla notte -spiega Nucci- è una frase presa dall’Iliade: il pensiero greco infatti, professava il “pathei mathos” (conoscenza dalla sofferenza), secondo cui l’esperienza del dolore è essenziale per la crescita dell’individuo e della sua conoscenza. Il viaggio che nel libro è proposto al lettore raggiunge quindi le viscere della sofferenza, ma risale in superficie con una faticosa rinascita.
Lacrime degli eroi ed E’ giusto obbedire alla notte, l’antico e il nuovo per capirci, sono due forme diverse del medesimo sentire umano che Nucci conserva e svincola dai rispettivi distretti di appartenenza: ipotizzare la morte dell’ uno, determinerebbe l’inconsistenza dell’altro.
Due anni fa, dopo l’incontro con i ragazzi dell’Eliano, Nucci scrisse a quel professore di greco per ringraziare dell’accoglienza ricevuta. Ma lo fece a modo suo, come sempre. Iniziò la mail dicendo che il tempo libero secondo i greci è la cosa più importante che un uomo possieda perché serve a guardarsi attorno, ragionare su se stessi e sulla propria strada nel mondo. Scholè era il tempo libero per i Greci. Ossia “scuola”. Non c’è cosa più bella -aggiunse alla fine- che passare del tempo dentro una scuola; e se quella scuola si affaccia su una delle strade più trafficate e importanti che portavano fuori Roma, quel tempo diventa simbolico e indimenticabile.
Ecco, a quella di Palestrina come a tante altre scuole in Italia servono persone così, la cui vittoria si ottenga sul campo, con punteggi tanto più alti, quanto più numerosi siano i lettori, a fine partita, che accettino le nuove sfide della letteratura. Servono scrittori con un occhio di riguardo al passato. Servono uomini controcorrente.