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Home Attualità

Via Modesta Valenti: a Roma una via per i “senza fissa dimora”

La toponomastica femminile ovvero l'umanità dimenticata

Giovanna Spirito by Giovanna Spirito
2 Marzo 2021
in Attualità, Personaggi, Politica
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A Roma, chi non ha una casa e si trova in una situazione di disagio, può richiedere la residenza fittizia in “via Modesta Valenti” con il numero civico corrispondente ad uno dei municipi.

Per ottenere l’iscrizione anagrafica, i “senza fissa dimora” possono così, ormai da molti anni, recarsi al Servizio Sociale del municipio presso cui abitualmente si trovano e ricevere aiuto dalle amministrazioni pubbliche e dalle associazioni di volontari.

Ottenere la residenza consentirà loro di ricevere assistenza sociale, il rilascio dei documenti, l’iscrizione alle liste di collocamento, l’assegnazione di prestazioni economiche, la richiesta di cittadinanza, la patente di guida, l’assegnazione di alloggio popolare, l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e molto altro.

“Via Modesta Valenti” è un indirizzo fittizio, ma come tutte le vie, racconta la storia di una persona realmente esistita: quella di una donna, una “senza tetto” morta nel 1983, alla stazione Termini.

Benché si sappia molto poco sulla sua vita, gli operatori e volontari della Comunità di Sant’Egidio – gli ultimi a prendersi cura di lei – raccontano che questa donna, nata e cresciuta a Trieste nel 1912, aveva vissuto lì per molti anni, poi, i ricordi spezzati dall’esperienza dolorosa del ricovero in ospedale psichiatrico e, forse, dal ricorso indelebile e traumatizzante all’elettroshock.

Fino al trasferimento a Roma, città nella quale non conoscendo nessuno, aveva iniziato a vivere per strada.

La mattina del 31 gennaio del 1983, dopo una notte passata al freddo, alla Stazione Termini, vicino al binario 1, Modesta si sentì molto male. Le ambulanze che accorsero non vollero soccorrerla a causa delle condizioni igieniche nelle quali si trovava; rimase allora a terra, in un’attesa fatta di freddo e indifferenza, e quando finalmente arrivò l’ultimo mezzo di soccorso, gli operatori non potettero far altro che costatarne la morte.

https://www.santegidio.org/pageID/33992/langID/it/MODESTA-VALENTI.html

Profondamente toccata dalla storia di questa donna – provata dalla vita e morta per il rifiuto di assistenza, divenuta il simbolo sofferente dei clochard capitolini – la città di Roma le ha dedicato una strada: “via Modesta Valenti”.

Assegnare questo nome a una via, è un primo passo verso l’inclusività, perché consente a questa donna e a tutta questa umanità dimenticata, di esistere.

Del resto, attribuire un nome a una via vuol dire consegnare la storia di quel nome a quella società, affinché ne venga custodito il ricordo.

La toponomastica – come ci suggerisce la parola stessa che deriva dal greco tópos (luogo) e ónoma (nome) – si occupa proprio di questo: studiare il nome dei luoghi, la loro modalità di formazione e diffusione sul piano geografico e storico.

Il nome attribuito a città, vie, piazze rivela, infatti, molto della storia di quei luoghi, di chi li ha abitati. Ciò che passa lascia una traccia, è inevitabile.

Vi è però tutta un’umanità dimenticata che sembra non esser esistita e che non compare nelle vie e nelle piazze.

Ricordare Modesta Valenti vuol dire ricordare quanto poco le donne, tutte le donne, siano presenti nelle piazze e nelle vie delle nostre città.

Un esercito di invisibili (ovviamente non solo nel senso che possiamo attribuire a questo termine pensando a Modesta Valenti che nella vita era realmente una invisibile, una homeless).

Vi è infatti tutta un’umanità dimenticata dalla toponomastica: quella femminile.

A rivelarlo sono gli studi compiuti sul Sistema informativo toponomastica (S.I.To) nazionale e in particolare su quello del Comune di Roma, da Barbara Belotti, Livia Capasso e Elisabetta Di Pietro.

Su un totale di 16.366 strade, vie e piazze della Capitale, quelle intitolate agli uomini sono 7.815 mentre alle donne solo 705.

https://www.toponomasticafemminile.com/sito/index.php/roma

Le migliaia di vie, viali, piazze, corsi ecc. ricostruiscono un universo maschile predominante, specchio emblematico della società.

E cosa restituiscono i pochi nomi femminili?

Purtroppo l’assenza, quasi totale, delle donne dal mondo della scienza, della politica, della cultura e dalla società in generale.

La maggior parte dei nomi femminili di strade e piazze sono, infatti, dedicati a divinità pagane, madonne, sante, beate e martiri cristiane e, da ultimo, anche a “martiri contemporanee” come Modesta Valenti.

Giovanna Spirito

Giovanna Spirito

Avvocato, autrice di libri e articoli nel settore giuridico.

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