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Il vaccino che non è un vaccino

Sarebbe più convincente per tutti, attribuire ai termini  il loro giusto significato in modo da evitare che si continui a contestare una cosa per un’ altra  

Alberto Zei by Alberto Zei
13 Ottobre 2022
in Attualità, Salute
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Il vaccino che non è un vaccino
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di  Alberto Zei

 

A seguito della contrastata campagna nazionale delle diverse tipologie dei vaccini andrebbe chiarito che nessuno di questi “vaccini “rispondeva alle caratteristiche preventive basate sugli anticorpi prodotti direttamente contro il covid. Infatti il meccanismo terapeutico provocato dalla sostanza inoculata non creava direttamente anticorpi contro il coronavirus ma induceva una relazione nell’organismo che generava degli spike (protuberanze puntiformi) i quali a loro volta si posizionano sul recettori cellulari ostruendo la penetrazione del virus all’interno della cellula. Si trattava di un espediente che stante le condizioni di emergenza ha comunque impedito anche se  solo in parte, conseguenze più gravi.

 Ma di quale vaccino si tratta – Dopo alcuni mesi dalla somministrazione del vaccino la protezione dei recettori cellulari che impediva al coronavirus di posizionarsi sugli stessi, si affievolisce. Ciò avviene in modo progressivo ma mediamente in 4 o 5 mesi, la protezione si riduce sensibilmente tanto che dal punto di vista statistico la percentuale di copertura assume valori poco significativi. Sembra essere infatti accertato, stante il numero degli ammalati di covid dopo l’efficacia del vaccino, che il sistema immunitario rimanga depresso quando recettori cellulari si liberano dagli spike che  hanno impedito al virus di penetrare nelle cellule. Quindi il risultato lasciato dalle attuali tipologie dei vaccini somministrati, anziché  alzare le difese nel futuro contro gli antigeni della stessa specie coronavirus, diminuisce la capacità reattiva  del sistema immunitario. L’attuale variante del covid, denominato  Omicron  si è  avvalso dell’l’unione di un virus influenzale. Questa combinazione tra i due agenti patogeni ha comportato anche una variante delle conseguenze patologiche. In sintesi la componente influenzale di maggior contagio ha ridotto quella della virulenza tipica del covid. Il risultato al momento  è la maggiore contagiosità e la minore gravità dell’infezione.

Prospettive future – Questa è la situazione attuale ma la prossima variante potrebbe essere di differenti caratteristiche. In meccanismo che domina il cambiamento di base sull’introduzione del RNA del virus, è una proteasi (enzima) delle cellule umane, denominata  furina.  Senza scendere nei dettagli di questo enzima, va solo detto che la furina fornisce  al  virus che penetra nella cellula il servizio di renderlo adeguato alla riproduzione. Il quadro operativo della malattia è pertanto attivato da un segmento di RNA estraneo al virus  originale,  ma ora presente al suo interno in quanto  risulta introdotto nella sequenza di replicazione.  Sorge allora la domanda perché mai non si elimina questa enzima. Se si trattasse di una proteina del virus non sarebbe un problema eliminarla in qualche modo, ma trattandosi di un segmento di una proteasi  umana introdotta nel virus, le conseguenze si rifletterebbero anche sull’intero organismo poiché la furina ha più di 200  funzioni riguardanti le cellule umane e che pertanto non possono essere danneggiate. Sorge ora il problema come si possa venir fuori da una problematica di questo genere se proprio questo  problema non ammette soluzioni. In questi casi la risposta è machiavellica. Occorre aggirare l’ ostacolo. In altri termini, se quindi  non è possibile eliminare questa proteina, dovrebbe però essere possibile intervenire indirettamente affinché non si comporti in modo favorevole alla riproduzione del virus.

La furina –  Per meglio comprendere  il perché la furina è così importante, si accenna brevemente la sua funzione all’interno del virus una volta penetrato nella cellula.   La furina in estrema sintesi è un segmento proteico posto all’interno della struttura virale del RNA, come chiuso da una sub struttura che lo contiene. Quando il virus  penetra all’interno della cellula, questa struttura si apre per fare uscire quanto serve allo stesso  virus per duplicarsi.   Nell’ attuale mutazione Omicron in cui prevale la contagiosità, la funzione della furina è di produrre delle sostanze intercellulari che si prestano alla rapida replicazione virale e  che hanno la caratteristica della notevole contagiosità.  Per far questo la furina è dotata di due particolare porte. Secondo la  tipologia virale, verrà aperta  la porta  alle  sostanze necessarie al virus di questa specie; attualmente quella utile  all’Omicron.     In caso di ulteriore mutazione del codice genetico  con una specie di maggiore virulenza, la  furina  disporrà dell’altra apertura che in tal caso utilizzerebbe in luogo dell’attuale.  Le due  porte che sevono alla  fuoriuscita delle sostanze deputate alle necessità di riproduzione  del ceppo virale attivo, mantengono la loro alternanza a seconda della qualità dell’ infezione, ossia, della  contagiosità piuttosto che della  virulenza  o viceversa.

Le ondate virali –  Le successive mutazioni del covid prevarranno a secondo dei meccanismi naturali utilizzati da questo virus  per la sopravvivenza della specie; condizioni queste sulle quali non sembra proprio che fino adesso si possa intervenire con successo.   La nota di speranza nel  contesto delle ondate di pandemia che si prevedono nel prossimo futuro è quella di intervenire sulla furina che però non può essere eliminata perché come detto, è indispensabile all’organismo umano.  Da quanto è dato sapere l’ intervento della furina virale all’ interno della cellula  poterebbe però essere  bloccato, almeno in teoria. La  furina che apre la via all’ uscita di componenti essenziali per  la  riproduzione del virus inizialmente veniva contrastata con la somministrazione di sostanze terapeutiche, contenenti zinco. Solo che con il passare del tempo il virus ha trovato il modo di fare aprire la furina ugualmente. Quindi lo zinco almeno in parte, è stato ormai superato dal meccanismo di sopravvivenza del coronavirus. La ricerca attuale è quella di avvalersi di altri elementi di simile effetto dello zinco  per impedire l’apertura delle furine, come potassio, calcio o altro. Tutto ciò  è ancora in fase sperimentale. D’altra parte non possiamo ragionevolmente attenderci  che il covid così come si sta trasformando, possa regredire spontaneamente nel tempo, come fu per l’infezione  SARS  qualche anno fa. Infatti per la qualità della struttura  di cui il coronavirus   è stato dotato, non è destinato a regredire in modo spontaneo ma a mutare ulteriormente,  in particolare con l’alternanza tra contagiosità e virulenza.  Questa alternanza non possiamo prevederla e pertanto non sapremo se la prossima variante mantenga  o no la attuale caratteristica dell’ Omicron.

Il vaccino del prossimo futuro – Ma se il vaccino non è un vaccino di quale vaccino si parla?  Il peccato originale, chiamiamolo così è proprio sul farmaco che viene utilizzato anche con i positivi risultati contro il coronavirus, a cui viene attribuito il termine di vaccino mentre si tratta di altro  preparato con diverso  meccanismo terapeutico.  Nell’articolo precedente è stato precisato su questo stesso argomento che i vaccini somministrati non avevano le caratteristiche di contrapporsi attraverso la formazione di anticorpi all’infiltrazione virale del coronavirus. Si trattava di generare attraverso l’inoculazione dello pseudo vaccino degli spike  che, come il cappello lasciato sulla sedia del teatro per mantenere il posto occupato, si posizionavano sopra i ricettori cellulari impedendo al covid di penetrare all’interno della cellula. Ma per quanto tempo. Da quanto è dato sapere il tempo di copertura non andava più al di là di qualche mese, abbandonando l’occupazione del recettore in modo progressivo tanto che al quinto mese la percentuale di efficacia si riduceva poco sopra  del  10%. La questione più importante è forse quella relativa alle conseguenze di questa copertura che avrebbe dovuto alla stregua dei vaccini, contribuire alle difese immunitarie generando anticorpi proprio contro la malattia che il vaccino dovrebbe prevenire. Per quanto riguarda il coronavirus, quando la protezione dei recettori occupati si esaurisce, la capacità del sistema immunitario  di opporsi al covid anziché  aumentare a seguito del vaccino somministrato,  diminuisce.

Le umane  contraddizioni    –  A conclusione della polemica sull’opportunità o meno della somministrazione dei vaccini, si ritiene che la contestazione violenta contro tutti ed ogni cosa riguardante le organizzazioni sanitarie dello Stato preposte a questo scopo, non abbiano però ragione di essere. Questo semplicemente perché già da mesi non è più obbligatorio sottoporsi ad alcun vaccino. Quindi per quanto riguarda il prossimo futuro, opporsi è soltanto un’impostazione ideologica che non trova alcun interesse meritevole di tutela  di chi è contrario. E perché? Perché è libero di esserlo e di non vaccinarsi. In ogni modo, allo stato dell’arte qualche rimedio sarà trovato perché la stessa natura che ha dato ad ogni specie vivente la maniera di mettere in atto le proprie difese per sopravvivere, fosse anche quella del ceppo virale covid, non priverà  alla massima gerarchia vitale che l’uomo esprime sulla Terra di trovare per se stesso la maniera di difendersi dai propri nemici naturali.

Alberto Zei

Alberto Zei

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