Questa affermazione torna alla mente quando si sente dire che non esiste una spiegazione plausibile per l’affondamento di un panfilo considerato teoricamente inaffondabile, come avvenne per il transatlantico Titanic. Dal punto di vista strutturale, un’imbarcazione come quella di cui parliamo non avrebbe mai dovuto affondare, nemmeno in presenza di condizioni meteorologiche estreme. La progettazione avanzata della “opera viva”, ossia la parte dello scafo immersa nell’acqua, garantiva infatti stabilità e galleggiamento, anche in situazioni particolarmente avverse. Queste caratteristiche sono comuni anche in panfili di minor valore economico e con tecnologia meno sofisticata, sottolineando ulteriormente l’anomalia dell’incidente. È stato confermato che l’albero maestro e i relativi supporti strutturali non hanno subito alcun danno, escludendo così il collasso strutturale come causa dell’affondamento. Questo dettaglio rafforza l’ipotesi che l’incidente sia stato provocato da altri fattori critici.
Il ruolo del portellone aperto – L’elemento determinante nell’affondamento del veliero sembra essere stato un portellone di accesso situato sulla fiancata a pochi decimetri dal livello del mare, lasciato aperto. In condizioni di forte inclinazione causata da vento e mare agitato, questo portellone avrebbe permesso all’acqua di entrare rapidamente all’interno dello scafo, causando un significativo sbilanciamento. L’acqua in ingresso ha aumentato il peso su un lato poppiero del panfilo, provocando un’ulteriore inclinazione e una conseguente perdita critica di stabilità. L’evento può essere spiegato in due fasi. Nella prima fase, il portellone avrebbe agito sia come via d’ingresso per l’acqua nella parte inferiore, sia come sfiato per l’aria nella parte superiore. La seconda fase si sarebbe verificata una volta che il portellone è sceso sotto la superficie del mare: l’acqua ha continuato a entrare con forza, poiché lo sfiato necessario per l’aria è stato garantito dalle normali aperture sui ponti superiori. Questo ha accelerato ulteriormente il riempimento dello scafo, portandolo ad un rapido inabissamento.
Ulteriore grave leggerezza – Nella logica strutturale orientata alla sicurezza del Bayesian, si presume la presenza di un compartimento stagno a protezione dell’area interna dello scafo dedicata al portellone di accesso. Tuttavia, il fatto che l’acqua sia penetrata nella stiva del panfilo indica che le porte stagne o non erano presenti, o più probabilmente sono state lasciate aperte. Inoltre, quando lo scafo si è ribaltato sul mare (come evidenziato dalle riprese delle telecamere), le porte delle cabine sommerse si sono chiuse inesorabilmente, imprigionando tragicamente le persone all’interno senza possibilità di fuga. infatti A causa della rotazione di 90 gradi, l’acqua cadeva dall’alto sopra le porte delle cabine, rendendo prigionieri coloro che si trovavano dentro.
Lo stato del tempo – Al momento dell’incidente, le condizioni meteorologiche erano decisamente avverse, caratterizzate da forti venti e mare molto mosso. Tuttavia, queste condizioni da sole non giustificano un affondamento così rapido e totale di un’imbarcazione di questa categoria. A maggior ragione, non si sarebbe dovuto verificare, considerando che la perturbazione era estesa su un’ampia area di mare e di terra. In tali circostanze, una misura necessaria sarebbe stata salpare le ancore e, sfruttando i potenti motori del Bayesian, orientare la prua verso il vento, riducendo così notevolmente la superficie esposta alle onde e alle raffiche. Tuttavia, questa manovra non è stata eseguita, lasciando l’imbarcazione in balia del vento e delle correnti. Lo scarroccio ha spostato il panfilo a spostarsi per alcune centinaia di metri, con le ancore ormai prive di presa sul fondo, fino al ribaltamento e al repentino affondamento, avvenuto nel minuto successivo.. Un altro panfilo, il Sir Robert Baden Powell, ormeggiato a un centinaio di metri dal Bayesian, si è invece posizionato correttamente adottando, con i motori accesi, le giuste manovre. Le avversità di quella notte avrebbero potuto causare difficoltà nella gestione e nel controllo del Bayesian, ma non un collasso strutturale così repentino.
Il ruolo dell’albero – Per quanto riguarda la spinta dei fortissimi venti contro l’albero, è importante sottolineare che l’interferenza sulla stabilità dell’imbarcazione non è trascurabile. Anche senza entrare nei dettagli dei calcoli delle forze delle raffiche, si può osservare che, quando la superficie della vela è chiusa sulla randa, l’albero nudo di 76 metri offre all’aria una superficie limitata. Tuttavia, quando la velocità del vento aumenta da 15 a 100 km/h, la forza esercitata sull’albero nudo cresce circa 40 volte. Questo incremento trasforma l’albero in un braccio di leva significativo, contribuendo all’inclinazione del panfilo. A questa inclinazione si aggiunge l’effetto vela esercitato dalla superficie della fiancata sopravento, che spinge in rotazione la parte opposta dello scafo sotto il livello dell’acqua. Ecco un’altra buona ragione per non mostrare la fiancata al vento, ma la prua, utilizzando i motori.
Il fattore determinante – Fino a poco prima del tragico evento, la situazione non era compromessa, poiché l’imbarcazione, anche grazie all’effetto della deriva, tende a raddrizzarsi appena possibile. Ma cosa accade se il portellone di accesso alla stiva, situato sulla fiancata sottovento, è rimasto aperto? Questa è la chiave per comprendere l’inspiegabile inabissamento di un veliero considerato inaffondabile. Sebbene l’affondamento sia stato l’evento finale, sono emerse ulteriori gravi negligenze nella gestione della sicurezza a bordo. Queste hanno contribuito in maniera determinante alla spirale perversa degli eventi, ognuno dei quali, se interrotto, avrebbe potuto impedire la tragedia.
Il sistema radar disattivato – l radar di bordo, fondamentale per monitorare l’ambiente circostante e prevenire collisioni involontarie, risultava inspiegabilmente spento al momento dell’incidente. Questa grave omissione ha eliminato una cruciale linea di difesa contro potenziali pericoli, specialmente in una zona di rada dove il traffico marittimo può essere imprevedibile, nonché l’avvertimento radar dell’avvicinarsi di una perturbazione intensa.
Assenza di vedette notturne – In quella notte non erano presenti vedette di guardia, contravvenendo alle procedure standard di sicurezza marittima. Il personale di sorveglianza avrebbe potuto consentire un’immediata reazione alle emergenze, rilevando tempestivamente il pericolo di ingresso dell’acqua e adottando misure correttive per prevenire l’aggravarsi della situazione.
Valutazioni complessive – La combinazione di errori umani, come il portellone lasciato aperto e la mancata attivazione dei sistemi di sicurezza fondamentali, insieme alle condizioni meteorologiche avverse e all’assenza di personale di sorveglianza nelle ore notturne, ha creato una situazione fatale che ha portato all’affondamento rapido e inaspettato del Bayesian. Nonostante le avanzate caratteristiche tecniche e strutturali dell’imbarcazione, queste gravi negligenze operative hanno creato artificiosamente la sua vulnerabilità compromettendo dall’ interno in modo irreparabile la sua integrità. Questo evidenzia per il futuro, l’importanza cruciale di una rigorosa aderenza ai protocolli di sicurezza marittima in ogni circostanza.
Qualità strutturale – Un panfilo costruito in speciale alluminio navale, considerato inaffondabile, non cola a picco in pochi minuti a meno che non si riempia improvvisamente d’acqua. È quindi evidente che l’evento catastrofico, avvenuto in un tempo estremamente breve, sia stato causato da un’imponente e inarrestabile “via d’acqua”. Solo questo può giustificare, in modo logico e consequenziale, dopo il ribaltamento sulla superficie del mare, l’ affondamento in circa un minuto, come rilevato da una telecamera a terra.
La “via d’acqua” – Dalle prime esplorazioni dello scafo, non è emerso alcun segno di aperture o falle. I sommozzatori sono riusciti a entrare all’interno del relitto solo rompendo una vetrata laterale di ben 3 cm di spessore. Tuttavia, resta da esaminare attentamente la fiancata dello scafo, ora adagiata sul fondale, dove dovrebbero essere visibili le cause della massiccia “via d’acqua” che ha portato all’affondamento del veliero. Dovrebbero risultare visibili almeno una o più aperture per l’uscita delle imbarcazioni ausiliarie, di alcuni metri quadrati per il passaggio dal mare all’interno dello scafo.
La quasi certezza – È assai probabile, se non certo, che una di queste aperture sia stata la causa della tragedia per non essere stata richiusa. Tale circostanza potrebbe anche essere imputata alla distrazione degli ultimi ospiti a bordo del panfilo, i quali potrebbero non averla chiusa correttamente. Tuttavia, la gravità dell’evento deve essere ricondotta alla responsabilità dell’equipaggio, ma soprattutto del Comandante. In una situazione del genere, specialmente in previsione di cattive condizioni meteo o addirittura di una tempesta, la mancata chiusura di un portellone di accesso non poteva passare inosservata se le procedure fossero state seguite correttamente.
Conclusione – Fin qui, la sequenza dei fatti. Per quanto riguarda se si sia trattato di un errore, di negligenza, o di un atto doloso, ciò sarà oggetto di una seconda valutazione dell’incidente. Questa analisi non sarà più limitata agli aspetti tecnici, ma si concentrerà sulle responsabilità di coloro che erano incaricati di garantire l’incolumità del veliero, dell’equipaggio e degli ospiti a bordo.