di Marco Fancelli
Donald Trump ha annunciato la storica ondata di dazi globali, parlando di patriottismo e difesa dell’economia americana, ma dietro agli slogan potrebbe nascondersi una strategia più sottile e ambiziosa.
Le sue dichiarazione si offrono ad una ulteriore chiave di lettura che parte dalle turbolenze dei mercati e arriva al cuore della trasformazione industriale mondiale.
Negli ultimi mesi, prima della guerra dei dazi, le azioni delle aziende legate all’intelligenza artificiale avevano gonfiato una bolla da migliaia di miliardi di dollari. Colossi come Nvidia, Microsoft, Google e Amazon avevano visto le loro quotazioni salire vertiginosamente. E’ seguita la frenata improvvisa: dazi, contromisure cinesi, capitalizzazioni in caduta libera. Solo a Wall Street sono evaporati oltre 5.000 miliardi di dollari in pochi giorni.
Una riflessione: il disastro economico in atto è realmente improvviso ed imprevisto?
Schiacciate dai costi crescenti e dall’incertezza dei mercati, molte aziende non avranno altra scelta che proteggere i margini di profitto tagliando la forza lavoro e accelerando la corsa verso l’automazione. Ridurre la dipendenza dall’uomo e affidarsi sempre di più alle macchine diventa non solo una soluzione, ma una necessità.
Dietro le perdite di oggi potrebbe celarsi l’opportunità di domani. La grande industria, spinta dalla crisi, potrebbe trasformare la minaccia in occasione, investendo miliardi per automatizzare e mantenere i profitti, anche a costo di sacrificare posti di lavoro.
È proprio questo lo scenario inquietante: la crisi commerciale come giustificazione della quarta rivoluzione industriale e come spinta oltre il punto di non ritorno. I grandi fondi di investimento, da BlackRock a JP Morgan forse non solo l’hanno previsto, ma potrebbero persino averlo auspicato. Alla grande finanza e’ ben noto che, dopo ogni tempesta, arriva sempre un nuovo raccolto. Più ricco, più veloce, più automatizzato.
Trump l’ha chiamata “la nuova era dell’oro”. Forse lo è davvero, ma non sarà l’oro dei minatori: sarà l’oro delle macchine, dei dati e degli algoritmi. Resta solo una domanda, la più urgente: in un mondo sempre più automatizzato, quale posto occuperemo noi esseri umani?