Alla fine di aprile del 1945, l’Italia è sull’orlo di un cambiamento radicale. Il fascismo ha ormai ceduto il passo e il paese è diviso in due: il sud è sotto il controllo degli Alleati, mentre al nord la Repubblica Sociale Italiana di Benito Mussolini è prossima al collasso. Il 25 aprile, i partigiani del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) lanciano l’insurrezione generale e Mussolini, ormai consapevole della sua sconfitta, tenta di fuggire in Svizzera. Al suo fianco c’è sempre Claretta Petacci, l’amante che lo ha seguito con devozione, e che, fino all’ultimo, condividerà il destino del suo uomo.
Il 27 aprile il Duce tenta di scappare travestito da soldato tedesco, ma viene arrestato a Dongo da una brigata partigiana. Dopo una notte d’incertezza, il CLNAI decide di giustiziarlo. Il giorno seguente, il 28 aprile 1945, a Giulino di Mezzegra, Mussolini e Claretta Petacci vengono fucilati dal partigiano Walter Audisio (nome di battaglia “Colonnello Valerio”). Le versioni dell’esecuzione divergono: secondo alcuni, Claretta si sarebbe gettata per proteggere Mussolini, mentre altri parlano di un’esecuzione simultanea. La verità, forse, è che la sua morte simboleggia una passione che non conosceva limiti, un amore che l’ha condotta fino alla fine, affiancando il Duce in ogni sua scelta, anche la più fatale.
UNA VITA A “LUI” DEDICATA
Claretta Petacci nacque nel 1912 in una famiglia benestante e influente di Roma. Fin da giovane, si distinse per la sua bellezza e il suo carattere deciso. Fu proprio grazie alla sua avvenenza e al suo temperamento che riuscì a catturare l’attenzione di Mussolini, il quale la conobbe nel 1932, quando Claretta aveva appena 20 anni. La loro relazione, inizialmente discreta, divenne sempre più intensa nel corso del tempo.
Claretta, in quella che molti definiscono una “passione cieca”, decise di seguire Mussolini anche nei momenti più bui della sua carriera, quando il fascismo stava mostrando i suoi lati più autoritari e sanguinosi. La donna non solo lo amava, ma lo considerava anche il simbolo di un’Italia potente e rispettata. Le sue lettere al dittatore, ad oggi ancora conservate, sono piene di affetto e devozione. In una delle sue epistole più celebri, datata 1945, la Petacci scrive:
“Caro Duce, il mio cuore è tuo, come è sempre stato e sarà. La tua luce mi guida in ogni cosa e per te sono pronta a tutto, anche alla morte. Non sarò mai separata da te, anche se la vita dovesse decidere di farlo.”
Queste parole rivelano l’intensità di un amore che non si fermava davanti a nulla, nemmeno alla fine imminente. Il suo legame con Mussolini era, per lei, una ragione di vita, e anche dinanzi alla morte non si sarebbe mai separata dal suo uomo. Claretta fu più di una semplice amante: divenne la sua compagna di vita, l’ombra silenziosa che seguiva ogni suo passo, anche quando il fascismo stava ormai cedendo sotto il peso della guerra.
L’ESPOSIZIONE A PIAZZALE LORETO: IL DESTINO TRAGICO DI UNA DONNA DIMENTICATA
Il giorno dopo l’esecuzione, il 29 aprile 1945, i corpi di Mussolini, Petacci e di altri gerarchi fascisti vennero trasportati a Piazzale Loreto, a Milano, dove furono appesi a testa in giù su una trave di metallo nei pressi di una pompa di rifornimento Esso. Questo gesto, simbolico e brutale, era una vendetta da parte dei partigiani, che lo collegavano alla precedente esposizione dei corpi di 15 ribelli da parte dei fascisti nel 1944. La folla accorsa a Piazzale Loreto non risparmiò insulti, calci, sputi, urinate sui corpi appesi, in un’esplosione di odio che sfociò in un oltraggio fisico e simbolico.
Il corpo di Claretta Petacci, esposto al discusso dileggio pubblico, in particolare, subì un trattamento diverso e più violento, simbolo della vendetta non solo per la sua posizione politica, ma probabilmente per il suo essere “donna di parte”. La sua condizione femminile la rese più vulnerabile agli attacchi postumi e la brutalità delle sue sofferenze fu un segno della violenza di genere che accompagna spesso le vendette politiche. Mentre la figura di Mussolini veniva esposta come simbolo del fascismo, quella di Claretta divenne il corpo su cui si sfogò l’odio verso il regime, ma anche verso la sua condizione di donna innamorata.
CLARETTA PETACCI: DIMENTICATA DAL FEMMINISMO, MA NON DALLA STORIA
Nel contesto del femminismo, la figura di Claretta Petacci è stata spesso relegata a un ruolo marginale. La sua scelta di restare al fianco di Mussolini in un periodo tanto drammatico della storia d’Italia è stata vista come una colpa innegabile. Tuttavia, la figura di Claretta merita una riflessione più complessa, che vada oltre la sua appartenenza al regime fascista. La Petacci, pur nella sua posizione controversa, è stata una donna che ha scelto di vivere e morire per l’uomo che amava. La sua passione e la sua fedeltà, esemplari sotto molti punti di vista, meritano di essere riconosciuti sia come simbolo di un amore senza compromessi sia come profonda tragedia umana.
Le sue lettere e la sua dedizione al Duce raccontano di un amore che, purtroppo, non è stato compreso né durante la sua vita né nella sua morte. Il femminismo, che troppo spesso dimentica la complessità di certe storie, non ha mai fatto spazio a una riflessione sul sacrificio di una donna che ha vissuto una passione estrema. La sua morte, violenta e sfigurata dalla vendetta, non deve essere solo una condanna, ma un’occasione per riflettere sulla condizione della donna anche in situazioni politiche estreme. La sua tragica fine ci invita a considerare, oltre la politica, la sua umanità e il suo coraggio nel rimanere fedele fino all’ultimo a un amore che, seppur controverso, ha segnato la sua vita.
Claretta Petacci rimane dunque una figura da riconsiderare. La sua morte non è solo la fine di una donna al fianco di un dittatore, ma la conclusione di un storia d’amore che ha sfidato la morte, la sorte e, infine, la stessa memoria. Una memoria, che tende ad opacizzarsi, quando i gesti più nobili son commessi da chi ha più o meno lambito ideali non partigiani