La morte di Papa Francesco ha riaperto una ferita mai rimarginata per Pietro Orlandi, fratello di Emanuela Orlandi, la giovane cittadina vaticana scomparsa nel 1983. Ma a differenza di molti che hanno espresso parole pubbliche, ricordi o riflessioni sull’eredità del pontefice argentino, Pietro ha scelto, almeno inizialmente, il silenzio. Un silenzio carico di significato, coerente con la linea che ha mantenuto per decenni: non piegarsi alla retorica, non lasciarsi distrarre dalle emozioni del momento, ma continuare a chiedere giustizia.
Pietro Orlandi non ha mai trasformato il suo dolore in vendetta, ma neppure ha mai accettato di lasciar cadere nell’oblio il caso di sua sorella Emanuela. Per lui, la morte di Jorge Mario Bergoglio rappresenta un altro punto fermo — doloroso — in una lunga serie di occasioni mancate. Francesco è, infatti, il terzo Papa, dopo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, a portare nella tomba i segreti che potrebbero fare luce sulla scomparsa di Emanuela.
Tre papi, un solo silenzio
Durante il pontificato di Francesco, Pietro aveva nutrito qualche speranza. Il Papa si era mostrato inizialmente disponibile al dialogo, ricevendo i familiari e riconoscendo pubblicamente il dolore della famiglia Orlandi. Ma, con il passare degli anni, Pietro ha denunciato più volte la mancanza di atti concreti, di documenti desecretati, di una reale volontà di collaborare con le autorità italiane. Anche le indagini vaticane annunciate nel 2023 si sono rivelate, secondo Pietro, «una cortina di fumo» più che un passo verso la verità.
E così, alla notizia della morte di Papa Francesco, Pietro ha scelto di non commentare direttamente, restando fedele a una posizione che ormai conosciamo bene: evitare il sensazionalismo e concentrarsi sui fatti. Il suo silenzio è quello di un uomo deluso, ma non rassegnato. Di chi sa che ogni Papa che muore rappresenta una possibilità svanita, un’altra occasione perduta per spezzare finalmente quel muro di omertà che da oltre quarant’anni protegge una verità scomoda.
Un impegno che non si spegne
Pietro Orlandi non ha mai smesso di cercare. Con determinazione, ha portato avanti battaglie civili, ha raccolto testimonianze, ha sollevato domande, ha sfidato il potere vaticano e quello italiano. Ha trasformato il caso di sua sorella in un simbolo, non per vanità personale, ma perché convinto che la verità su Emanuela sia una verità che riguarda tutti: il diritto a sapere, a essere protetti, a non essere dimenticati.
Oggi, mentre il mondo cattolico piange la scomparsa di Papa Francesco, Pietro rimane fermo sulla sua linea. Non per mancanza di rispetto, ma per coerenza. Sa che i grandi cambiamenti raramente arrivano con le lacrime pubbliche; spesso si costruiscono nel silenzio, nella costanza, nella determinazione di chi non accetta che la memoria venga sepolta insieme ai suoi protagonisti.
Pietro Orlandi è deluso e scrive un post su Facebook:
“Preferisco non rilasciare commenti, il mio pensiero è lo stesso di ieri, di oggi e lo stesso sarà anche domani”.
E così, anche se non ha parlato pubblicamente, il messaggio di Pietro Orlandi è chiaro: la morte di Papa Francesco non chiude una pagina, ma la lascia tragicamente in sospeso. La verità su Emanuela Orlandi resta ancora da scrivere, e la sua battaglia — silenziosa o rumorosa che sia — continuerà. Per Emanuela. Per la giustizia. Per tutti noi.