Durante la Settimana Santa, oltre cinquanta cristiani sono stati brutalmente uccisi in Nigeria. Una strage rimasta in gran parte assente dai notiziari occidentali, eppure emblematica di un dramma che si consuma da anni tra persecuzioni religiose, instabilità politica e criminalità organizzata. Un dramma che non si ferma ai confini africani, ma che raggiunge l’Europa e l’Italia, dove si intreccia con una delle mafie più pericolose e strutturate del mondo: la mafia nigeriana.
La Nigeria è un Paese in cui la violenza contro i cristiani si è ormai fatta sistemica, soprattutto nelle regioni del nord, dove gruppi jihadisti e bande armate seminano terrore tra le comunità religiose. Ma non è solo fanatismo. C’è anche un disegno più ampio, in cui il caos diventa strumento di potere. Ed è proprio in questo contesto che si afferma la mafia nigeriana, un’organizzazione criminale che ha saputo esportare la propria influenza oltre l’Africa, infiltrandosi in Europa con una rete che traffica esseri umani, droga, armi e prostituzione.
Il sistema mafioso nigeriano è basato su una struttura piramidale e su un controllo che si fonda anche sulla paura spirituale. Uno degli strumenti più potenti di coercizione è il woodo, una forma di ritualismo animista usata per sottomettere le giovani vittime. Prima di partire verso l’Europa, molte ragazze vengono sottoposte a riti nei quali giurano obbedienza eterna. Il rito prevede l’uso di sangue, capelli, abiti intimi, poi custoditi dai sacerdoti woodo. La minaccia di maledizioni e punizioni ultraterrene è così forte che spesso nemmeno la libertà fisica riesce a spezzare il vincolo.
Una volta arrivate in Italia, queste ragazze finiscono nelle mani dei madam, donne che le gestiscono per conto dei clan. Le vediamo nelle strade, nelle periferie urbane, schiave invisibili di una rete criminale che agisce con crudeltà e metodo. Dietro a ogni volto c’è
una storia di inganno, violenza, superstizione e silenzio. Il legame con la mafia nigeriana non è solo materiale, è spirituale, incatenato da rituali che trasformano la fede in un’arma di terrore.

La religione cristiana, che per molte di loro rappresenta un rifugio, è la stessa per cui in patria si può essere uccisi. Il contrasto è stridente e tragico: da un lato, la promessa di salvezza; dall’altro, l’uso sacrilego della spiritualità per il controllo e lo sfruttamento. L’Occidente resta spesso cieco davanti a questa realtà, eppure le implicazioni sono dirette. In Italia, la presenza della mafia nigeriana è accertata in molte regioni, spesso in collegamento con altri circuiti mafiosi e con flussi migratori gestiti nell’illegalità.
La strage dei cristiani in Nigeria non è un episodio isolato né lontano. È parte di un disegno più grande, in cui la persecuzione religiosa si fonde con il crimine organizzato, e i riti woodo diventano strumenti di dominio transnazionale. Il silenzio che accompagna questi eventi è una colpa collettiva. Le vittime non possono più parlare, ma i loro aguzzini sì.