Doveva essere una separazione difficile, come tante. Ma si è trasformata in una spirale di violenza psicologica, accuse false, processi penali e denunce ignorate. Un insegnante campano e padre di due figli, è oggi assolto con formula piena da accuse di lesioni e maltrattamenti, mentre la sua ex moglie è stata condannata per stalking reiterato nei suoi confronti. Eppure, nonostante le sentenze favorevoli e decine di denunce, da anni non riesce a vedere sua figlia. I servizi sociali, il tribunale civile e le istituzioni, secondo la sua testimonianza, avrebbero contribuito alla sua esclusione dalla vita familiare. “Non ho mai smesso di amare i miei figli, anche quando sono stato trattato come un criminale. Non cerco vendetta, voglio solo giustizia per loro e per me,” afferma.
Il punto di partenza: la violenza subita
La vicenda giudiziaria comincia nel 2016, ma le violenze domestiche subite dall’uomo risalgono ad anni prima. Tra il 2011 e il 2016, si susseguono episodi di aggressioni fisiche e verbali, documentati da referti medici. L’episodio più grave avviene durante una vacanza estiva: “Mi ha colpito alle spalle con un coltello da cucina, davanti ai nostri figli. Solo perché il manico si è rotto, non sono finito in ospedale con danni peggiori.” Nonostante l’immediata denuncia, egli decide di ritirarla, convinto che una condanna della madre avrebbe danneggiato i figli. Una scelta, dice oggi, che ha “segnato l’inizio della fine”.
Esclusione dai figli e isolamento sociale
Dopo la separazione, questo padre si trova escluso dalla casa coniugale e dai suoi figli, allora di otto e nove anni. “Non riuscivo nemmeno a salutarli. Organizzavo le torte in classe per poterli abbracciare cinque minuti. Mi sono aggrappato a quegli istanti come a un’ancora di salvezza.” Intanto, cominciano danneggiamenti all’auto, pedinamenti, pressioni economiche e il crollo della sua attività privata di libero professionista. Il tribunale civile dispone un assegno di mantenimento da 1.000€ al mese, a fronte del solo stipendio da insegnante rimastogli. “Sono sopravvissuto solo grazie all’aiuto di mio padre e di mio fratello.”
PEC, segnalazioni e assistenti sociali assenti
Nel frattempo, l’uomo invia decine di PEC e segnalazioni agli assistenti sociali del comune di residenza, denunciando la totale interruzione del rapporto genitoriale. “Ne hanno cambiati almeno sei. Nessuno ha fatto nulla. Alcuni riferivano persino le mie mail alla mia ex moglie. Una violazione gravissima della deontologia.” La figlia, oggi diciassettenne, non vede il padre da quattro anni. Il figlio lo incontra saltuariamente. Entrambi, secondo l’uomo, hanno abbandonato la scuola dell’obbligo o sono iscritti a istituti privati con frequenza irregolare. Tutto questo, puntualmente denunciato.
Le sentenze: assoluzione piena e condanna per stalking
Nel frattempo, affronta processi penali per presunte aggressioni. Ma nel 2022 arriva una sentenza di assoluzione con formula piena: le accuse erano false. Grazie alle registrazioni fornite ai Carabinieri, si dimostra che la donna simulava episodi di violenza. La stessa viene successivamente condannata a due anni per stalking reiterato, con pena sospesa, obbligo di percorso psicologico e risarcimento di 10.000€ (che l’uomo non vedrà mai perché lei risulta nullatenente e disoccupata). “Sono una donna, la legge mi protegge”, avrebbe dichiarato la donna, come riportato nella motivazione della sentenza.
Un paradosso economico
Nonostante la condanna, la donna continua a vivere nella casa coniugale. Lui è obbligato a versare 800 euro al mese per i figli e, dopo l’Appello, 200 euro anche all’ex moglie, dichiarata disoccupata ma – secondo quanto documentato – beneficiaria del Reddito di Cittadinanza, assegno unico e altri sussidi. L’uomo ha denunciato anche viaggi, borse griffate e spese non compatibili con l’assenza di reddito. Ma, ancora una volta, nessun accertamento patrimoniale efficace è stato disposto.
La casa, il pignoramento e la truffa familiare
L’immobile, frutto dell’unione di due unità abitative, è stato in parte intestato all’ex moglie per “convenienza fiscale”. Ma una differenza non tracciata di 20.000€ ha portato al pignoramento di un quinto dello stipendio da parte del suocero, oggi condannato a 8 mesi per lesioni in un episodio di aggressione successivo alla separazione.
Sentenza di Appello
La recente sentenza di Appello ha ridotto l’assegno diretto alla madre ma ha confermato la sua permanenza nella casa coniugale. Nonostante la condanna penale e l’impedimento alla bigenitorialità, nessuna decadenza genitoriale è stata disposta nei suoi confronti. “Hanno giustificato la sua aggressività dicendo che era dovuta alla gelosia per un mio presunto tradimento del 2015. Come se una coltellata fosse comprensibile.” Ha affermato anche che: “Non mi interessa vendicarmi. Voglio che i miei figli sappiano la verità. Non ho reagito mai con violenza. Ho affrontato la depressione, l’angoscia, gli incubi, l’alcolismo. Ho resistito solo per amore dei miei figli e dei miei genitori anziani.” Oggi, questo padre vive con una dignità ferita ma intatta. La sua battaglia non è solo personale: è la denuncia di un sistema che troppo spesso tutela solo uno dei due genitori, lasciando l’altro in un limbo di invisibilità, frustrazione e solitudine.
Una denuncia oltre il caso singolo
La vicenda mette in luce temi cruciali e purtroppo ancora sottovalutati:
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La violenza domestica sugli uomini, spesso ignorata.
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L’uso strumentale delle denunce in ambito di separazione.
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L’inefficienza dei servizi sociali e delle istituzioni locali.
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La negazione di fatto della bigenitorialità, nonostante il principio sia sancito dalla legge.
“Mi hanno tolto tutto, ma non la mia voglia di combattere. E quando i miei figli vorranno sapere la verità, io sarò pronto a raccontarla!”


















