C’è un’Italia che non si è mai arresa alla logica della produzione di massa, dell’omologazione globale, del mobile senz’anima.
Un’Italia che continua a credere che la bellezza debba essere anche empatia, che il design debba raccontare storie, e che la casa — come il luogo di lavoro — debba essere un’estensione autentica della persona che li abita.
Accogliere e non solo arredare. È una differenza sottile, ma decisiva.
L’arredo autentico è un gesto empatico: si modella sui bisogni, sulle storie, sui sogni di chi vivrà quello spazio. Non si impone, accompagna. E questa è la forza dell’artigianato vero, del Made in Italy più sincero: non vendere prodotti, ma creare relazioni.
In un’epoca dominata dai grandi colossi, dove chi produce e chi acquista sono spesso mondi lontanissimi, c’è chi sceglie con determinazione la strada più difficile, ma anche la più autentica: un rapporto diretto, senza intermediari, tra chi crea e chi vive il prodotto.
È su questo orizzonte che si muove la storia straordinaria di Roberta Mantellassi , imprenditrice e anima della Sofable, un’impresa familiare che ha scelto, pur guardando al futuro, di restare fedele a sé stessa, ai suoi valori, al proprio nome.
Una storia che le abbiamo chiesto di raccontarci, non come si racconterebbe un’azienda, ma come si racconta una persona.
D: Roberta, se ti chiedessi dove inizia la tua storia, quale momento sceglieresti?
R: Credo nel 1988, l’anno in cui ho sposato Nicola. Avevo 24 anni, ma lo conoscevo da quando ne avevo 14. La nostra era una storia giovane ma radicata, vissuta con intensità e sogni condivisi. Dopo il matrimonio, decisi di lasciare il lavoro con i miei genitori, che gestivano cinque negozi e un’azienda di biancheria, per entrare nell’impresa della famiglia di mio marito. Non fu una scelta scontata. I miei erano sempre molto impegnati e io avevo vissuto l’infanzia spesso sentendo la loro assenza. Per questo, decisi che la mia vita l’avrei costruita in condivisione piena: affettiva, familiare e lavorativa.
Lì comincia il mio legame profondo con un’altra famiglia, quella di Nicola: una famiglia bellissima, unita, che aveva affrontato dolori enormi, ma senza mai perdere la forza. Il perno era la nonna Elisa, una donna che aveva perso prematuramente suo marito, ma non la sua determinazione. Fu lei, rimasta vedova, a prendere in mano l’azienda di divani e a guidarla con una visione lucida, quasi moderna: distinguersi per qualità e perfezione. Lei ci ha trasmesso un principio che è diventato fondamento per tutti noi.
Entrai in azienda da giovanissima e cominciai dal basso, come si fa quando si ha rispetto del mestiere. Raccoglievo i tessuti per i campionari, seguivo la produzione, imparavo tutto. Vengo da una formazione commerciale e creativa, quindi misi a frutto quello che avevo studiato e, passo dopo passo, divenni responsabile della comunicazione, del marketing e della ricerca e sviluppo. Nel frattempo, in quello stesso anno, sono nati i miei due gemelli, Marco e Giulio. È stato un periodo meraviglioso e faticosissimo: essere mamma, imprenditrice e donna, tutto insieme. Ma non ho mai smesso.
Poco dopo, iniziai a viaggiare, a costruire la rete vendita in Italia, a seguire 36 agenti in tutte le regioni. Poi, all’inizio degli anni ’90, guardai all’estero, verso Est. Sono stata tra le prime donne imprenditrici italiane a entrare nel mercato russo, subito dopo il crollo del muro di Berlino. C’era un’energia in quel tempo, un bisogno di novità, e noi portavamo qualcosa che mancava: personalizzazione, qualità, relazione umana. Fu un successo incredibile.
Ma poi, nel 1993, arrivò il dolore più grande. Mio suocero morì all’improvviso, in un incidente. Aveva solo 60 anni. In un attimo, io, mio marito e suo fratello ci trovammo a dover gestire cinque aziende. Eravamo giovani, feriti, disorientati. Eppure, scegliemmo di non mollare. Il dolore ci ha unito ancora di più. Abbiamo continuato, senza più quella guida, ma con il cuore pieno di tutto ciò che ci aveva lasciato.
Nicola, mio marito, è stato un compagno straordinario. Ha portato l’azienda in America e nel mondo arabo, mentre io restavo accanto ai nostri figli e continuavo a occuparmi della parte strategica e creativa.
Nel 2000 ci siamo trasferiti da Quarrata a Pistoia, portando con noi non solo un’azienda, ma una storia. Un’identità. Una casa.
D: Cosa ha imparato in quegli anni?
R: L’essenza della famiglia. La famiglia non è solo sangue, ma un modo di stare nel mondo. L’azienda per me non è mai stata un “luogo di lavoro”. È un’estensione della nostra casa. Il nostro modo di amare. Ogni pezzo che produciamo è un gesto di relazione, di ascolto. Per questo non abbiamo mai voluto diventare una catena, per questo continuiamo a personalizzare ogni dettaglio.
Perché una casa, come una storia, non si può fare in serie.
D: Roberta, la perdita di tuo suocero è stata senza dubbio un momento traumatico per la famiglia e per l’azienda. Come siete riusciti ad andare avanti?
R: La morte di mio suocero ha segnato un passaggio tragicissimo nella nostra famiglia, un evento che ha lasciato un segno profondo e difficile da dimenticare. Però siamo andati avanti. Mio marito aveva una forza incredibile e, insieme, ci siamo impegnati tantissimo. Lui, giovanissimo, a soli 33 anni, era assorbito notte e giorno da tutte le conseguenze di quella perdita: la persona più cara della sua vita e il grande punto di riferimento per tutto il gruppo Mantellassi di allora. Non è stato facile, ma la determinazione e la volontà di non arrendersi hanno guidato i nostri passi.
Con il tempo siamo cresciuti, nel 2000 abbiamo trasferito lo stabilimento da Quarrata a Pistoia, un momento importante che ha segnato una nuova fase della nostra storia. Dieci anni dopo, nel 2010, abbiamo acquisito lo stabilimento Ex- PermaFlex nel Comprensorio Pistoiese, un evento di grande rilevanza per la nostra realtà e per tutto il territorio. Quell’anno è stato anche il preludio a una crisi economica mondiale che ha messo a dura prova molte imprese. Anche noi abbiamo vissuto momenti estremamente difficili, ma grazie alla dedizione e al supporto dei nostri collaboratori, siamo riusciti a superare quella tempesta.
Ti confesso che quei sacrifici e quella lotta quotidiana meriterebbero un libro a parte per essere raccontati nei dettagli. Ma la verità è che si va avanti, si cresce e si combatte, perché essere una delle poche aziende a rimanere in piedi in quegli anni è stato un traguardo ottenuto con il cuore e l’impegno di tutti.
Poi i mercati cambiavano, le dinamiche globali si trasformavano e noi abbiamo dovuto adattarci continuamente, affrontando giorno dopo giorno nuove sfide.
D: E la nuova sfida è stata un altro evento che vi ha colpito duramente e nel profondo.
R: Sì, il momento più difficile è stato sicuramente il 2021.
Quell’anno è stato segnato da un evento drammatico: la perdita improvvisa di mio marito. È successo mentre guidava, ha avuto un malore improvviso ed è morto istantaneamente. Io sono viva per miracolo, è qualcosa che ha cambiato radicalmente la mia vita.
Mio marito è morto il 28 agosto del 2021, e solo una settimana dopo è venuto a mancare anche mio padre. Eppure, il lunedì successivo, il 6 settembre, eravamo già a Milano al Salone del Mobile. Era quello che lui avrebbe voluto: non fermarsi, non arrendersi. Abbiamo affrontato quel dolore enorme senza lasciarci sconfiggere, continuando a perseguire gli obiettivi condivisi, con i miei figli e con la forza di Dio. Abbiamo deciso che quel momento andava superato, in nome di Nicola, di mio marito, e di tutto ciò che rappresentava per noi.
Oggi, insieme ai miei figli Marco, Giulio e Carlo, portiamo avanti l’azienda, insieme ai nostri collaboratori, e guardiamo con speranza e coraggio al futuro. Il prossimo anno saranno cento anni dalla fondazione della nostra azienda, e lo festeggeremo come si deve, con orgoglio e gratitudine.
Le morti di mio suocero e di mio marito hanno segnato profondamente le nostre vite, ma dalla morte si risorge, più forti di prima. Le loro figure e il loro esempio rimangono vivi dentro di noi e ci accompagnano ogni giorno. Non siamo mai soli, siamo uniti.
D: Ed oggi, possiamo dire che l’avventura continua proprio a Roma?
R: Certamente e e questa nuova avventura a Roma è un passo che avremmo condiviso con Nicola, perché lui l’avrebbe voluto.
Il nostro nuovo spazio in via Ceresio 33, a Roma zona Trieste, nasce anche per rispondere alle richieste crescenti dei nostri clienti del Lazio e del Sud, molti dei quali già venivano direttamente a Pistoia. Questo showroom sarà un evento importante, che inaugureremo il 12 giugno prossimo, non solo per la nostra storia, ma anche per valorizzare l’incontro tra arte e artigianato. Abbiamo pensato di concretizzare questo connubio ospitando due straordinari artisti: Dario Ballantini, che sarà presente anche alla serata inaugurale, e Dayan Nazari, le cui opere impreziosiranno lo spazio. Arte e artigianato si abbracciano così, raccontando storie diverse ma con lo stesso spirito di autenticità e passione.
Roberta Mantellassi, trasmettendoci un’emozione profonda, fatta di coraggio, dedizione e amore per la famiglia e per il lavoro incarna quel valore raro e prezioso che è l’autenticità, un legame vero con le radici e con le persone.

