Il risultato delle Amministrative è una batosta per il centrodestra. Nei capoluoghi di Regione dove si è votato, i ballottaggi assegnano Roma e Torino al centrosinistra con uno scarto del 20% tra vincitore e vinto. Milano, Napoli e Bologna vanno al centrosinistra già al primo turno. Solo a Trieste e nella Regione Calabria il centrodestra riesce a prevalere. Se consideriamo anche i capoluoghi di provincia in cui si è votato, il centrosinistra – con o senza M5S – porta a casa 14 Comuni, il centrodestra quattro, le liste civiche uno.
Ad aggravare la sconfitta per il centrodestra c’è la colpa di aver dilapidato un consenso largo. Solo un anno fa si pronosticava una vittoria a mani basse in molti Comuni, Roma compresa. Sentire Salvini dire che “il centrodestra esce da questa tornata elettorale con più sindaci” oppure Tajani rivendicare “i candidati di Forza Italia vincenti” a Trieste e in Calabria richiama alla mente il j’accuse di Nanni Moretti al Segretario di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti, all’indomani della sconfitta del centrosinistra alle Politiche del 2001. A parti invertite si potrebbe dire: “Sono allibito dal compiacimento di Salvini e Tajani. Quella di domenica è una sconfitta non solo politica ma anche etica… Io credo che un uomo politico, responsabile, liberal-conservatore, non abbia nulla di cui compiacersi. Forse i leader del centrodestra preferiscono che le grandi città siano governate dalla sinistra. Bisognerebbe chiedere alla loro base cosa ne pensa”.
E qui veniamo al punto. Il caso di Roma è esemplificativo per tutte le città in cui si è votato. Molto si è detto e scritto sulle cause della sconfitta. Cerchiamo di riassumerle:
1. Il modello “competitivo” – che dà al leader del partito che prende più voti il diritto a guidare la coalizione – si è rivelato un boomerang, con gli alleati trasformati in fratelli-coltelli preoccupati più a rubare voti all’alleato che a pescarne fuori dal recinto dell’alleanza. A testimoniarlo sono la campagna elettorale di Michetti, per il quale si è attivamente spesa solo FDI – nonostante “il tribuno” signorilmente esprima “gratitudine alla lealtà dei partiti della coalizione” – e l’assenza di Lega e Forza Italia dalla sede del suo comitato elettorale dopo l’esito del voto. La percezione da parte dell’elettorato che esistano un centrodestra di governo e un centrodestra di opposizione, una Lega di governo e una Lega di lotta, nonché la divisione in tema di vaccini e certificato verde e la lealtà a gruppi parlamentari europei diversi non hanno certo aiutato.
Meglio il modello “cooperativo”, dove il risultato della squadra viene prima dei gol segnati dal singolo giocatore. La Meloni ha l’onestà di ammetterlo: “ci troviamo in una fase in cui esistono tre posizioni diverse ed è difficile che uno possa comandare. Serve un maggior coordinamento”.
2. Si ha l’impressione che il centrodestra non volesse vincere. Il partito della Meloni prima ha imposto il proprio candidato, ma poi non ha saputo catalizzare le energie necessarie per vincere. Rispetto a due settimane fa Michetti ha conquistato solo 40.029 voti in più. “Mi tremano le vene e i polsi” confessa lo stesso Gualtieri pensando all’immane lavoro che lo aspetta. Ma vince chi più rischia, governa chi sa assumersi le responsabilità di farlo. Il potere non ammette vuoti. Il centrosinistra ora gestirà i fondi del Pnrr per Roma (non molti a dire la verità), il Giubileo del 2025, la candidatura di Roma all’Expo del 2030 e, speriamo, quella alle Olimpiadi del 2036.
3. Ritardo nella scelta del candidato, colpa comune con il centrosinistra a dire il vero, il quale ha poi però saputo spingere compatto su Gualtieri. Ciò non denota rispetto nei confronti dell’elettorato, che non ha avuto il tempo di conoscere Michetti né ha dato a questi il tempo di farsi conoscere, a differenza di quanto fatto da Calenda il quale ha iniziato a tambureggiare i quartieri e le associazioni già ad un anno dal voto.
4. Preferenza dei grandi mezzi di stampa per il centrosinistra, come dimostrato dall’apparentamento mediatico, ma erroneo, dei responsabili delle violenze del 9 settembre con FDI e la Lega. Perché i capipopolo, ben conosciuti alle forze dell’ordine e sottoposti a misure cautelari, sono stati lasciati agire indisturbati? Ciò che induce la Meloni a denunciare una nuova strategia della tensione finalizzata a demonizzare la destra a pochi giorni dalle elezioni.
Le Amministrative della primavera del 2022 sono alle porte, poi ci saranno le Regionali e le Politiche del 2023. Il tempo per riparare agli errori c’è, anche se è molto limitato. Un centrodestra unito e coerente può vincere. Salvo le tentazioni centriste di una parte di Forza Italia. Berlusconi rassicura che “non c’è nessuna tentazione da parte nostra di costruire un nuovo centro che sostituisca il centrodestra. Non guardiamo a Calenda, a Renzi, a un polo centrista”.
Per FDI i margini di riposizionamento sono minori. Come riconosce la stessa Meloni, “noi non abbiamo un piano B, per noi esiste solo il perimetro del centrodestra”. Per il momento gli elettori stanno premiando la sua coerenza.
Nel frattempo, il PD ha saputo ripartire dopo la sconfitta del 2018 e corre lanciato verso le prossime elezioni.
Gaetano Massara