di Giuseppe Rigotti
Quindi un portavoce fuori dal palazzo: dei “Di Battista” il nostro paese dovrebbe tener conto soprattutto quando accantonata la parentesi in parlamento, costui continua a praticare “senso civico” come semplice cittadino che viaggia all’ estero per compiere vergini reportage e per scrivere libri senza giocare mossa in virtù di un nuovo disegno partitico a cui appiccicare consenso; avendo di più come cifra una sua immunità di ragionamento. È riuscito perfino a fare secco Giuseppe Conte
che lo avrebbe voluto nel movimento reclamizzandolo come portafortuna della già simbiosi -sinistra lettiana-.
E non è neppure una novità che il “Dibba”, abbia scelto di defilarsi per demeriti del movimento nel perseguire allarmi legittimi in cui ad appannamento di sistema è prevalso un governo di amministrazione ma non “di battaglia”, sbiadendo la pelle nel percorso alle origini: ha preferito dire le cose come stanno nonostante la cadrega già pronta, con annessi voti per il
rilancio.
D’ altro canto, poco importa se “Senaldi” trombiere di Libero lo accusa di lamentarsi, resta comunque nel magma di specifici argomenti su cui gli illustri di carta (pardon) “i politicanti in aula” continuano ad infischiarsene sotto il velo squarciato di una tale e spumeggiante ipocrisia.
Allora diciamo pure che il sole di “Dibba” è puro –decisionismo- contro (i cosiddetti comitati d’ affari), un percorso un po’ singolo e per nulla scontato pronto a portarlo in tour qualora lo volesse o (lo sognasse) trovando nei cittadini una propulsione “viva e vegeta” con la pluralità di voci
che la democrazia ci offre. Per il resto viene sobillata la solita retorica, tant’ è che per assediarlo si erge una cortina di fumo e che cosa si può volere di più?
(Spiace dirlo) e mi pare che Di Battista abbia già risposto:
“Gli altri che non possono vedere dentro di me le mie idee, si accontentino di vedere da fuori il mio naso”. “Di mio”, -ho- l’ atteggiamento morale.
Redazione