Il cinema è donna. Da alcuni anni è iniziato un riscatto di genere inesorabile. Dal modello finalizzato al gusto edonista e concupiscente a vero generatore di trame, scenografie, soggetti. E a Venezia si celebra questo nuovo valore. Dare un volto a questa equazione è possibile grazie a Sigourney Weaver che è stata premiata con il Leone d’oro alla carriera.
D’altra parte è anche vero che la retorica sul femminile attanaglia oramai ogni livello dialettico nell’attuale consacrazione di valori e cose. Dire “donna” vuol dire sempre dare un valore aggiunto ma è lo stesso a presentare il difetto del riconoscimento nelle cose e nei rapporti di potere. Si compensa questo divario dando premi e dedicando alla dimensione del femminile intere rappresentazioni di fenomeni variegati.
Ed è così che la mostra del cinema di Venezia si incentra nella figura della donna. Accanto a Sigourney Weaver anche la nostra Monica Bellucci. Altra donna eccellente, la protagonista francese della serie Call my agent: Camille Cottin che ha sottolineato come Sigourney abbia fatto scuola di recitazione tra tutte le attrici. Sempre in chiave di primazia del femminile, presidente della giuria, Isabelle Huppert. Ha aperto in modo marziale. Vestita di rosso ha riempito la scena in apertura dicendo: “c’è una lingua di speranza che merita di restare viva ed è la lingua del cinema”.
Ma a dare la fisionomia più esauriente della statura di personaggio del cinema è James Cameron. L’ha chiamata confidenzialmente: “Sig”. E poi ha aggiunto: “ha emotivamente 15 anni, per questo riesce a passare dalla scienziata Grace all’adolescente Kiri in Avatar, insomma una gioia assoluta”.
La cerimonia breve e asciutta è stata presenziata da Sveva Alviti che ha ricordato il presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco.
Ma oltre la cerimonia ben caldo è stato il red carpet coi giovani osannanti Jenna Ortega. E allora Tim Barton e Willem Dafoe appaiono quasi di contorno. Anche il ministro presenzialista Gennaro Sangiuliano sembra cedere il passo alla sottosegretaria Lucia Borgonzoni.
Oggi arriva Angelina Jolie protagonista di Maria di Pablo Larrain e la celebrazione dell’eterno femmineo nella fascinazione del cinema continua.
E ci si chiede se sia proprio un caso che la parola cinema, pur maschile, abbia desinenza femminile.