Secondo la Riflessione di Marianna Amendola di pianolaureescientifiche.it , c’è qualcosa nei film di Nanni Moretti che ci spiazza, ci coinvolge e, a volte, ci inquieta. Non è solo la trama, non è solo lo stile. È come se Moretti, con la sua regia, riuscisse a entrare nella nostra testa. Ogni suo film ci pone di fronte a interrogativi che spesso abbiamo evitato. Ci parla di paure nascoste, desideri repressi, malinconie che non abbiamo mai confessato. E lo fa senza retorica, con uno sguardo profondo, ironico e insieme vulnerabile. Il suo cinema non ha un unico linguaggio. Sa essere comico e tragico, personale e politico, astratto e concreto. Moretti riesce a spaziare tra tematiche complesse come il lutto, la fede, la depressione, l’identità, i rapporti umani. Non offre mai soluzioni facili. Al contrario, costruisce storie che sembrano cucite su chi guarda.
Ogni spettatore si ritrova a pensare: “Questo è esattamente ciò che provo, ma non ero mai riuscito a dirlo così”. Quante volte ti è capitato nella vita di sentirti profondamente capito da una storia raccontata sul grande schermo? Questo è del resto il grande potere del cinema, consentire a chi guarda, di potersi riconoscere e rispecchiare in molteplici dinamiche e situazioni raccontate. In questo modo il confronto, se pur virtuale, diventa inevitabile. Nanni Moretti riesce in questo obiettivo alla perfezione, i suoi film sono per molti, un vero e proprio spunto di riflessione e pura emozione.
Quando guardi Nanni Moretti, in realtà stai guardando te stesso: un’analisi approfondita
Uno dei motivi per cui i film di Nanni Moretti sembrano leggerci nella mente è che raccontano la quotidianità in modo straordinario. In Caro diario, ad esempio, la passeggiata in Vespa per le vie di Roma non è solo un pretesto narrativo. È un flusso di coscienza, è un dialogo interiore che diventa universale. I pensieri che Moretti condivide, le sue osservazioni, le sue ansie, sono quelle che molti di noi hanno avuto almeno una volta nella vita. Il film non ci dice cosa pensare, ci mostra come pensiamo. In La stanza del figlio, la tragedia della perdita di un figlio è raccontata con una delicatezza che evita ogni dramma urlato. Il dolore è sottile, ma presente in ogni gesto. Chi ha vissuto un lutto, anche diverso, si ritrova in quelle immagini. Moretti non descrive solo una storia: descrive un’emozione che tutti conosciamo.

Altro elemento fondamentale è la sua capacità di mettere a nudo le contraddizioni. In Il caimano, la vicenda personale di un produttore in crisi si intreccia con una critica feroce alla politica e al potere. Ma ciò che colpisce di più non è il giudizio politico. È la fragilità dell’uomo che cerca un senso nel caos. E questa ricerca, così faticosa e così vera, rispecchia quella di tante persone che si sentono perse in un mondo che cambia troppo in fretta. Un altro motivo per cui i film di Nanni Moretti sembrano leggere la nostra psiche è la sua attenzione per i meccanismi psicologici. Le sue storie non sono mai superficiali. Ogni personaggio è costruito con cura, con una profondità rara. In Aprile, Moretti racconta il disagio di un intellettuale di sinistra che si sente impotente di fronte ai cambiamenti della società. Ma sotto la superficie politica, c’è la crisi di un uomo che si sente inutile, che non sa più che posto ha nel mondo. Il regista sa anche come usare l’ironia come strumento di introspezione e ci fa capire che non siamo soli nei nostri pensieri assurdi, nelle nostre nevrosi, nelle nostre paure irrazionali.