Questa impalcatura sembra ora scricchiolare sotto i colpi della presidenza Trump, che nel 2025 sta portando avanti una decisa svolta protezionista. Dopo aver ritirato gli Stati Uniti dagli accordi di libero scambio e aver imposto nuovi dazi su larga scala, l’amministrazione Trump sta mettendo in discussione il ruolo stesso dei compratori di ultima istanza.
Secondo il presidente, l’eccessivo interventismo pubblico ha creato una pericolosa “dipendenza” del settore privato dai salvataggi statali, incoraggiando comportamenti irresponsabili e minando la sana competizione di mercato. Trump vuole quindi ridurre drasticamente l’azione di banche centrali e governi, lasciando che siano le forze del mercato a determinare i vincitori e i vinti.
Questa svolta ideologica rappresenta una rottura netta con il passato, mettendo in discussione l’ordine economico globale costruito negli ultimi decenni. Se da un lato Trump promette di riportare posti di lavoro e prosperità in America, dall’altro il suo approccio potrebbe innescare pericolosi contraccolpi, aumentando l’instabilità dei mercati e il rischio di crisi sistemiche.
Molti osservatori temono infatti che, senza il “cuscinetto” rappresentato dai compratori di ultima istanza, l’economia americana possa essere più esposta a shock e recessioni. Allo stesso tempo, il ritorno al protezionismo potrebbe innescare una pericolosa guerra commerciale, con gravi conseguenze per l’intera economia mondiale.
Solo il tempo potrà dire se la scommessa di Trump avrà successo o se si rivelerà un azzardo troppo rischioso. Quel che è certo è che il suo approccio mette in discussione uno dei pilastri fondamentali dell’egemonia economica americana, con imprevedibili ripercussioni sull’ordine globale.