Origini strategiche, motivazioni ideologiche
Il programma nucleare pakistano nasce negli anni ’70 in risposta diretta all’India, che nel 1974 effettuò il suo primo test atomico. Per Islamabad, il possesso dell’arma nucleare rappresentava un’urgente necessità di equilibrio strategico. Dopo anni di sviluppo segreto, nel maggio 1998 il Pakistan entrò ufficialmente nel club delle potenze atomiche, effettuando test nel deserto del Belucistan in reazione ai test indiani di Pokhran.
Dietro questi sviluppi ci fu Abdul Qadeer Khan, figura chiave e controversa, protagonista anche di un vasto traffico internazionale di tecnologia nucleare. Il suo “mercato nero” ha alimentato le ambizioni di Stati come Iran, Corea del Nord e Libia, aggravando il rischio globale di proliferazione.
Un arsenale in mani instabili
La pericolosità dell’arsenale nucleare pakistano non risiede solo nella sua esistenza, ma nel contesto geopolitico e interno che lo circonda. Il Pakistan è uno Stato attraversato da conflitti etnici, da pressioni religiose e da una cronica instabilità istituzionale. Il potere è spesso nelle mani dell’esercito, mentre i gruppi islamisti radicali operano con un grado allarmante di libertà e penetrazione.
Il timore maggiore è che una crisi interna — un colpo di stato, un’infiltrazione terroristica, un fallimento istituzionale — possa compromettere il controllo dell’arsenale. Il rischio che materiale nucleare cada nelle mani sbagliate non è una semplice ipotesi, ma una reale preoccupazione per analisti e governi occidentali.
Conflitto permanente con l’India
La presenza di testate nucleari in entrambi i lati della frontiera indo-pakistana trasforma ogni incidente militare in Kashmir in un potenziale innesco per un’escalation incontrollabile. Il Pakistan, a differenza di altri Paesi nucleari, non ha adottato una dottrina del “no first use”. Al contrario, ha sviluppato tattiche che prevedono il possibile impiego preventivo di armi nucleari anche in risposta a un’invasione convenzionale.
Questa dottrina rende ancora più volatile una regione già segnata da quattro guerre e decenni di scontri lungo la Linea di Controllo.
Il nodo saudita e il rischio di proliferazione
Un altro elemento critico riguarda i legami tra il Pakistan e l’Arabia Saudita. Diversi analisti sostengono che Riyadh abbia finanziato parte del programma nucleare pakistano, con l’intesa implicita che, in caso di necessità, Islamabad possa fornire tecnologia o armi. Un simile scenario aprirebbe le porte a una nuova corsa agli armamenti in Medio Oriente, aggravando un quadro già instabile.
Conclusione
L’arsenale nucleare del Pakistan non è un semplice strumento di deterrenza regionale. È una bomba a orologeria, al crocevia tra rivalità storiche, fragilità interna e ambizioni geopolitiche. Ogni crisi politica o militare potrebbe trasformarsi in un incubo nucleare. La comunità internazionale, se vuole davvero affrontare il problema della proliferazione e della sicurezza globale, non può permettersi di distogliere lo sguardo da Islamabad.