Ha criticato duramente il piano di spesa di Trump e ha accusato l’amministrazione di aver trasformato il dipartimento in un bersaglio politico. Ma soprattutto: le sue aziende stanno andando malissimo
La fine del suo incarico – tecnicamente di 130 giorni – era prevista per la fine di maggio, ma l’uscita è stata più rapida e senza alcun saluto formale a Trump. La decisione è maturata direttamente a livello dirigenziale, senza un confronto diretto tra i due.
Durante il suo mandato, Musk ha goduto di ampi margini operativi nel tentativo di ristrutturare l’amministrazione federale. Un compito che, a suo dire, si è rivelato ben più arduo del previsto. “La situazione della burocrazia federale è molto peggiore di quanto pensassi”, ha detto al Washington Post. “Cercare di migliorare le cose a Washington è davvero una battaglia in salita”.
Negli ultimi giorni, Musk aveva già dato segnali di disimpegno, criticando duramente il piano di spesa di Trump e manifestando delusione per la risposta ricevuta al progetto DOGE. Ha accusato l’amministrazione di aver trasformato il dipartimento in un bersaglio politico, e ha contestato pubblicamente il consigliere commerciale della Casa Bianca, Peter Navarro, definendolo «un idiota» per aver bocciato la sua proposta di “tariffe zero” tra USA ed Europa.
Le tensioni si sono estese anche al fronte della tecnologia. Musk avrebbe espresso il proprio malcontento per un accordo tra OpenAI e Abu Dhabi, a suo avviso penalizzante per la sua azienda, secondo fonti citate dal Wall Street Journal. Inoltre, avrebbe cercato di ostacolare l’intesa a meno di un suo coinvolgimento diretto.
Al malessere si aggiunge la sconfitta del suo candidato alle elezioni giudiziarie in Wisconsin, nonostante i 25 milioni di dollari investiti nella campagna. Una delusione politica che, secondo il New York Times, ha ulteriormente raffreddato i suoi entusiasmi.
Nel frattempo, il bilancio del DOGE registra un taglio del 12% della forza lavoro federale, pari a circa 260.000 dipendenti civili, secondo un’analisi Reuters. Le riduzioni sono avvenute per lo più attraverso prepensionamenti, licenziamenti e incentivi all’uscita anticipata.
Musk, che l’anno scorso ha speso quasi 300 milioni di dollari per sostenere la campagna repubblicana, ha recentemente dichiarato di voler ridimensionare le proprie donazioni politiche. Nonostante una promessa di altri 100 milioni a favore dei gruppi pro-Trump in vista delle elezioni di midterm del 2026, i fondi non risultavano ancora versati a questa settimana. “Penso di aver fatto abbastanza”, ha tagliato corto Musk durante un forum economico in Qatar.