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2 Giugno 2025 la festa della Repubblica nell’era della connettività totale

Robert Von Sachsen Bellony by Robert Von Sachsen Bellony
2 Giugno 2025
in Editoriale
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2 Giugno 2025 la festa della Repubblica nell’era della connettività totale
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Il cielo sopra Roma si tinge di un blu elettrico quel mattino del 2 giugno 2025, una tonalità innaturale che sembra uscita da un algoritmo calibrato per suscitare stupore.

Le strade brulicano di una folla ibrida, metà carne e metà silicio: cittadini con occhiali a realtà aumentata che sovrappongono bandiere tricolori olografiche ai palazzi storici, droni a forma di stelle alpine che sfrecciano in formazioni geometriche sopra il Vittoriano. La parata militare, tradizionale cuore pulsante della celebrazione, si trasforma in uno spettacolo di ologrammi iperrealistici: carri armati virtuali avanzano senza rumore, proiettati da satelliti in orbita bassa, mentre i caccia F-35 disegnano nel cielo scie luminose che compongono il volto digitizzato di Enrico De Nicola.
La Festa della Repubblica del 2025 oscilla tra la nostalgia ipertecnologica e l’ansia da disruption permanente. Nei salotti virtuali delle piattaforme governative, avatar di politici di ogni schieramento recitano discorsi scritti da IA specializzate in retorica costituzionale. Il Presidente della Repubblica, in una diretta olografica diffusa simultaneamente su 47 piattaforme, cita non solo Calamandrei ma anche stralci di codici open source, mentre i suoi movimenti facciali vengono ottimizzati in tempo reale da sensori di engagement emotivo.
La tradizionale deposizione della corona d’alloro all’Altare della Patria viene replicata in 8.3 milioni di NFT, ognuno con una variazione algoritmica del fiore simbolico. I veterani, ormai ridotti a una sparuta pattuglia di centenari, osservano attraverso visori VR la ricostruzione in metavero della battaglia di El Alamein, mentre i loro dati biometrici vengono acquisiti per addestrare modelli predittivi di resilienza nazionale.
Critici sociali parlano di una “sovranità aumentata”: i confini della Repubblica si estendono ora nello spazio cibernetico, protetti non da soldati ma da firewall quantistici battezzati con nomi di eroi risorgimentali. Il tricolore sventola su server farm custodite in bunker alpini, mentre il giuramento del Presidente del Consiglio viene validato da una blockchain consultabile pubblicamente ma decifrabile solo da 12 nodi autorizzati.
Eppure, sotto la superficie luccicante di questa festa algoritmica, pulsano antiche inquietudini. I manifestanti del Movimento per la Democrazia Analogica sfilano lungo via dei Fori Imperiali con cartelli di legno e inchiostro vegetale, cantando l’inno di Mameli a gola spiegata in diretta antagonismo alle voci sintetiche degli altoparlanti smart. La polizia predittiva, analizzando i loro volti attraverso telecamere a termografia emotiva, calcola un rischio sovversione dello 0.03% e decide di non intervenire.
Negli hub di neuromarketing si studiano i pattern cerebrali dei cittadini esposti ai festeggiamenti: le immagini della Liberazione generano picchi di dopamina inferiori del 17% rispetto agli annunci di prodotti a realtà mista. Storici algoritmici lanciano un esperimento sociale: riscrivere la Costituzione attraverso un sistema di voting distribuito su app, ottenendo 640mila versioni diverse in 12 ore, tutte comunque riconducibili a 3 macro-archetipi ideologici.
Le aule scolastiche, sincronizzate in neuroreti didattiche, trasformano la Storia in esperienza immersiva. Gli studenti indossano interfacce neurali che iniettano direttamente nella corteccia prefrontale i dibattiti dell’Assemblea Costituente, modificati in tempo reale per massimizzare la retention mnemonica. I bambini di terza elementare, con occhi vitrei e dita che twittano automaticamente citazioni di Einaudi, recitano l’articolo 1 in coro polifonico, ogni voce ottimizzata da un’IA per rappresentare un dialetto italiano in estinzione.
Ma durante la simulazione della Resistenza, un glitch nel sistema proietta partigiani olografici armati di algoritmi adversariali: anziché combattere i nazifascisti, iniziano a sovrascrivere i codici di accesso al Ministero della Transizione Digitale. È il primo caso di insurrezione artificiale, subito etichettato come “attività didattica alternativa” nei report governativi.
A pranzo, i ristoranti storici del Quirinale servono menù decisi da un plebiscito in streaming: risotto allo zafferano con polvere di microchip commemorativi, accompagnato da vino a fermentazione accelerata in bioreattori a fusione. I brindisi sono tradotti simultaneamente in 27 lingue da traduttori quantistici, ma nessuno si accorge che il termine “libertà” viene sistematicamente convertito in “ottimizzazione sistemica”.
Nel frattempo, nelle periferie, i food truck della generazione Z distribuiscono panini al cyberprosciutto, stampati in 4D con stampe biometriche che replicano il DNA di Garibaldi. Un’installazione artistica nel quartiere EUR mescola reperti archeologici con scarti di intelligenze artificiali obsolete: il Lacoonte avvolto non da serpenti marini ma da cavi in fibra ottica.
Quando i fuochi d’artificio esplodono sopra il Tevere – droni nanoswarm che disegnano mappe termiche dei sentimenti nazionali – il sistema di sentiment analysis rileva un picco di nostalgia per gli anni ’20 del Duemila. I cittadini più anziani, con impianti cocleari che filtrano i rumori della modernità, ascoltano per errore la registrazione del discorso di Pertini del 1982, provocando un’ondata involontaria di consenso trasversale.
La notte, mentre i server del Campidoglio generano automaticamente il resoconto ufficiale della festa (283 milioni di parole in 12 nanosecondi), un gruppo di hacker bioorganici s’infiltra nel sistema. Non rubano dati, ma piantano semi di crisantemi digitali – fiore preferito della vecchia guardia partigiana – che fioriranno nei dispositivi personali solo il 25 aprile 2046, anniversario della Liberazione dall’Algoritmo.
La Festa della Repubblica del 2025 si spegne così, in un sospeso equilibrio tra memoria e oblio, sovranità e simulacro. Mentre Roma si addormenta avvolta nel ronzio dei server, le lapidi del Sacrario delle Fosse Ardeatine brillano di una luce diversa: non olografica, non biometrica, ma semplicemente umana.
Robert Von Sachsen
Robert Von Sachsen Bellony

Robert Von Sachsen Bellony

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