Quando si parla del programma nucleare iraniano, il dibattito internazionale tende a inquadrarlo quasi esclusivamente all’interno della cornice politica della Repubblica Islamica. Tuttavia, questa visione rischia di oscurare un dato storico fondamentale: le radici del programma atomico iraniano non affondano nella teocrazia instaurata dopo la rivoluzione del 1979, bensì nel governo laico e filoccidentale di Mohammad Reza Pahlavi, ultimo Scià di Persia.
Origini sotto lo Scià: il sogno della modernizzazione
Il programma nucleare iraniano fu avviato negli anni ’50, nel contesto di una più ampia strategia di modernizzazione promossa dallo Scià. In piena Guerra Fredda, con l’Iran alleato degli Stati Uniti, il paese fu incluso nel programma “Atoms for Peace” promosso dall’amministrazione Eisenhower. Nel 1957, Teheran firmò il primo accordo di cooperazione nucleare con Washington, e nel 1967 fu costruito il Centro di Ricerca Nucleare di Teheran, dotato di un reattore di ricerca da 5 megawatt fornito dagli USA.
Lo Scià immaginava un futuro in cui l’Iran, ricco di risorse naturali, avrebbe utilizzato l’energia nucleare per alimentare il suo sviluppo industriale e affrancarsi progressivamente dalla dipendenza dai combustibili fossili. A metà degli anni ’70, il governo pianificava la costruzione di numerosi reattori nucleari civili, con l’obiettivo ambizioso di generare oltre 20.000 megawatt di energia nucleare entro il 1995.
La rivoluzione del 1979 e il rallentamento
La rivoluzione islamica del 1979 e la conseguente caduta dello Scià determinarono una brusca interruzione di questi progetti. Il nuovo regime, guidato dall’Ayatollah Khomeini, inizialmente sospese le attività nucleari, giudicate incompatibili con le priorità ideologiche e morali dell’Islam politico. Solo verso la fine degli anni ’80, in un Iran ormai devastato dalla guerra contro l’Iraq, le autorità religiose ripresero in considerazione il programma atomico, questa volta con un’attenzione anche strategico-militare.
Continuità oltre il regime
Nonostante le profonde differenze tra il regime dello Scià e quello post-rivoluzionario, il filo conduttore che lega entrambe le fasi del programma nucleare è la visione dell’energia atomica come simbolo di sovranità, progresso e indipendenza nazionale. In questo senso, il nucleare non è semplicemente un progetto del regime teocratico, ma una parte integrante dell’identità statale iraniana moderna.
Molti ingegneri e scienziati formatisi negli anni dello Scià hanno avuto un ruolo chiave anche dopo la rivoluzione, contribuendo alla prosecuzione delle ricerche, in parte sostenuti da alleanze con paesi come Russia, Cina e Corea del Nord.
Osservazioni
Ridurre il programma nucleare iraniano a un’iniziativa della Repubblica Islamica rischia di distorcerne le motivazioni e la portata. Le sue origini precedono la teocrazia e sono radicate in un progetto laico, modernista e tecnologico iniziato sotto lo Scià. Comprendere questa continuità storica è fondamentale per analizzare le reali finalità del programma, che va visto più come un’espressione della volontà iraniana di essere riconosciuta come potenza sovrana e tecnologicamente avanzata, piuttosto che come un semplice strumento ideologico o militare del regime.