È il 2025 e in una sera qualunque parte da una mia playlist su Spotify “Tra la strada e le stelle”, singolo estratto da “Completamente sold out” dei The Giornalisti. Per ironia della sorte mi sorprende anche un ricordo su Instagram, una storia risalente a due anni fa quando Tommaso Paradiso decise di promuovere il suo disco da solista in un irish pub nei pressi di Piazza Venezia a Roma, anche lì in un pomeriggio come tanti, quando l’autunno già aveva fatto il suo esordio nel calendario ma tardava ancora a farsi spazio nei nostri guardaroba.
Mentre sento “Tra la strada e le stelle” decido di uscire per un attimo dall’algoritmo di Spotify per dar luce a quella sana e vecchia abitudine di far suonare un disco per intero, così lo riascolto dopo anni e lo faccio dal singolo estratto “Completamente” che ha reso famosi i The Giornalisti fino all’ultima traccia “Vieni e cambiami la vita”. Ascolto un album semplice, innocente, a tratti anche un po’ sbadato. Un po’ meno sbadato di quel Tommaso Paradiso che più avanti avrebbe camminato “dentro un paio di boxer tra la luna e il salotto” in un singolo molto ma molto più semplice come “Maradona y Pelé” con un videoclip che ha visto protagonista una già famosa Benedetta Porcaroli presa da una baccanale danza godereccia in un imprevedibile locale facente parte di una indefinita realtà distopica. Ma torniamo a “Completamente sold out”, perché è quello il disco dei The Giornalisti che ci piace, forse anche un po’ “Love”, ma il disco con la copertina con la ragazza magra piena di tatuaggi fine line è la colonna sonora della fine dei vent anni di noi millennials.
Era il 2016 quando cantavamo a squarciagola e con gli occhi a cuoricino all’interno delle nostre auto “Completamente”, ed era uno di quei pezzi che potevamo cantare da sole o da soli “mentre correvamo in macchina alle due di notte senza una meta, senza una strada, con gli occhi lucidi e la sigaretta”, oppure in compagnia come inno della fine dei vent anni o per farci forza sugli amori malandati. Erano gli anni prima del Covid, la musica indipendente in Italia aveva sempre quel sound malinconico che ricordava i cantautori di una volta che molti di noi già conoscevano per indottrinamento familiare, altri di noi hanno imparato a conoscerli grazie al cosiddetto “cantautorato indie”, fatto di gente che sperava di essere riconosciuta in quel frangente di storia fatto di Faber, Tenco, Guccini e Battiato. Noi quasi trentenni eravamo abituati alla musica alternativa dei 90 e dei 2000, eravamo abituati alle chitarre distorte degli Afterhours, Rossonero, Giorgio Canali, al grunge dei Verdena o al rock politico dei Ministri, dei Kutzo, agli Zen Circus. Cosa ci aveva portato allora quel cantautorato rivisitato da Calcutta, da Iosonouncane, da Giorgio Poi, dai The Giornalisti? Alcuni di loro, come il primo menzionato, ci aveva restituito quella sana malinconia nella banalità di una scoperta incredibile: la Tachipirina 500 che se presa due volte diventa da 1000; i The Giornalisti ci hanno portato alla fusione della musica indipendente con quella pop, fino ad arrivare al suo declino segnato dallo scioglimento di questi che ha visto un Tommaso Paradiso in totale allucinazione da successo nel vago tentativo di una fallimentare carriera solista.
Ma vediamo però quali sono alcuni degli album nostalgia di quei tempi, perché in fondo, in anni neri come questi, gli album degli artisti di cui sopra non possono che essere amati tanto da essere definiti cult:
Mainstream – Calcutta (2016)
L’album cult del panorama indie italiano degli ultimi dieci anni per eccellenza. Prodotto da quel geniaccio di Niccolò Contessa che aveva lasciato un testamento indiscutibile come “Il sorprendente album de I Cani” , altro inno generazionale che ha raccontato la vita hypster con quel meraviglioso fare autoironico e autoreferenziale. “Mainstream” dal titolo provocatorio, con quell’estetica low-budget tipica di videoclip come “Cosa mi manchi a fare”. Un album che ha cambiato per sempre le sorti della musica indipendente italiana riempendo l’Alcatraz di Milano e il Palalottomatica di Roma, al di là di ogni aspettativa di Calcutta stesso.
DIE – Iosonouncane(2015)

Uscito un anno prima rispetto a Mainstream, è un album fondamentale della scena indie italiana, considerato un capolavoro per la sua ambizione artistica, complessità sonora e unicità stilistica. Uscito per l’etichetta Trovarobato, il secondo disco di Jacopo Incani (Iosonouncane) si distingue come un’opera concettuale che ha ridefinito i confini del cantautorato sperimentale italiano. Un concept album che ruota attorno alla dualità tra vita e morte, forse uno di quegli album che si porta dietro la malinconia dell’alternative rock a cavallo tra i ’90 e i 2000.
Egomostro – Colapesce (2015)

Considerato un lavoro maturo e introspettivo, Egomostro esplora l’ego, le insicurezze e il rapporto con la fama nel mondo indie, con un sound che mescola cantautorato mediterraneo, pop elettronico e tocchi psichedelici. Ha ricevuto elogi dalla critica per la sua onestà lirica e ha contribuito a consolidare Colapesce come una delle voci più raffinate della scena indie italiana.
Completamente Sold Out – The Giornalisti (2016)

L’abbiamo detto. È il salto definitivo verso il mainstream che ha reso Tommaso Paradiso sempre più preda di inevitabili manie di grandezza. L’album che con Carosello Records esce totalmente da quelle sonorità sporche di “Vol.1” ma anche più banalmente di “Fuoricampo”. L’album è un affresco della giovinezza urbana romana: amori impossibili, notti brave, rimpianti e slanci emotivi, narrati con un linguaggio schietto e cinematografico. Paradiso trasforma la quotidianità in poesia pop parlando di motorini sulla Cristoforo Colombo, serate a Ostia o corse notturne sul Grande Raccordo Anulare, quindi come fare a non amarlo anche se lì per lì avremmo voluto buttarlo nel cesso?
















