In relazione alle ultime dichiarazioni sui cambiamenti del Pentagono, oggi significativamente rinominato “Dipartimento della Guerra” e in collaborazione con l’attuale Segretario alla Guerra, Pete Hegseth, emergono linee guida che segnano una svolta nella visione militare americana. Non si tratta soltanto di riforme tecniche, ma di una vera e propria rifondazione ideologica delle forze armate, ispirata a l’ antico principio romano che la pace si mantiene preparandosi alla guerra. .
Ristrutturazione e sfoltimento in base all’idoneità al combattimento. L’amministrazione Trump punta a ripristinare un esercito “pronto alla guerra”, epurando ciò che viene percepito come elemento di indebolimento interno Eliminazione della così detta “cultura woke”, ossia dell’eccessiva apparente correttezza: sia Trump che Hegseth ritengono che la diffusione del politically correct nelle forze armate abbia portato a una sorta di “decadenza morale”, incompatibile con la prontezza bellica. L’obiettivo è quindi eliminare ogni forma di sensibilità ideologica o culturale che possa ostacolare la disciplina militare. Oltre questo,
la revisione degli standard psicofisici. Infatti, Hegseth sostiene che occorra “ripulire” l’esercito da chi non è pienamente idoneo al combattimento, riportando la selezione ai parametri più alti.
Anche gli standard al combattimento dovranno essere rigorosi e unici, senza differenze di genere maschile o femminile. Se alcune categorie non potranno raggiungerli, la loro esclusione sarà considerata prezzo necessario alla piena efficienza operativa.

Il ritorno dello “spirito guerriero” – La ridenominazione del Pentagono in “Dipartimento della Guerra” ha un valore simbolico e politico. Trump intende riaffermare che il compito dell’esercito non è più la difesa passiva, ma la preparazione e la vittoria. La nuova dottrina, infatti, privilegia la sicurezza interna e la protezione del territorio urbano, fino a suggerire in modo provocatorio, l’utilizzo delle grandi città come campi di addestramento.
In questa visione, l’antico principio romano “Se voi la pace prepara la guerra”, torna a essere la formula centrale. Trump sembra voler trasformare gli Stati Uniti in una “nuova Roma”, una potenza civile e militare destinata a garantire ordine e prosperità a chi ne accetta la guida; non una potenza imperialista nel senso ottocentesco, ma una potenza ordinatrice, che attraverso la preparazione militare e la fermezza morale ritiene di poter assicurare la pace
L’esercito come strumento militare e politico – La linea di Hegseth e Trump non si limita a riforme amministrative. È anche un progetto di omogeneità ideologica. L’esercito viene concepito come una milizia di patrioti, non più neutrale rispetto alla leadership politica. Secondo Trump, l’apparato militare deve poter intervenire contro minacce interne ed esterne, dai cartelli della droga ai flussi migratori incontrollati. Per quanto riguarda il convincimento al cambiamento sono previste purghe ai vertici. Trump ha infatti dichiarato che continuerà a licenziare i vertici militari che non condividono la sua visione strategica, insistendo sulla necessità di “fedeltà e adesione alla linea del Comandante in Capo”
Una visione imperiale senza impero – L’ intera dottrina che si va delineando si fonda su un’idea classica, in parte rievocata dalla storia di Roma: la pace non nasce dal disarmo, ma dall’equilibrio della forza. L’America di Trump vuole essere il garante di quell’equilibrio, ponendosi come un impero morale e strategico del mondo occidentale. È una visione che affascina e inquieta insieme: evoca la grandezza romana, ma ne rievoca anche i rischi, quelli di una civiltà che, per mantenere la pace, dovette sempre essere pronta alla guerra.



















