In un’Italia che sembra aver perso la misura, le parole di Sergio Mattarella risuonano come un atto di verità.
Mentre il Presidente richiama al rispetto del lavoro e alla giustizia salariale, il Paese reale continua a essere calpestato da una minoranza che ha scambiato il potere per diritto divino.
I manager predoni si spartiscono tutto: stipendi astronomici, bonus milionari, privilegi blindati.
Sono predoni senza ritegno, senza legge, senza dignità, che hanno trasformato il lavoro in merce, i dipendenti in numeri e l’etica in un fastidio da cancellare.
Con il sorriso beffardo di chi non teme conseguenze, rubano non solo denaro, ma tempo, speranza e futuro a un intero popolo.
Giovani senza respiro
I giovani italiani vivono dentro una competizione tossica, logorante e senza scopo, che non premia il talento ma l’obbedienza.
Corrono, si piegano, si consumano — e alla fine scoprono che il traguardo non esiste.
È una corsa verso l’autodistruzione, alimentata da un sistema che parla di merito ma pratica lo sfruttamento.
La coscienza del Presidente
Nel silenzio generale, Mattarella rimane l’unica voce morale capace di ricordare che la Repubblica è fondata sul lavoro, non sulla rendita.
Le sue parole non appartengono solo alla politica, ma alla coscienza cristiana e civile di un Paese che rischia di smarrire se stesso.
Con sobrietà e coraggio, il Presidente riafferma un principio antico e semplice: nessuna economia è giusta se umilia chi lavora.
Complimenti a Mattarella, che non teme di parlare in tempi in cui il potere preferisce tacere.
Perché finché la sua voce resisterà, ci sarà ancora una speranza che l’Italia torni a essere una comunità di persone — non un banchetto per predoni.


















