Durante il faccia a faccia, Trump ha improvvisamente interrotto la conversazione in corso per far proiettare ai presenti, tra cui i giornalisti, un video che mostrerebbe esponenti politici dell’opposizione sudafricana incitare all’occupazione violenta delle terre e all’uccisione dei bianchi, quasi come atto di vendetta per le sofferenze subite dalla maggioranza nera durante gli anni dell’apartheid, conclusosi nel 1994. Inoltre, il filmato includerebbe anche le immagini di lunghe colonne di veicoli di bianchi in fuga, con una voce fuori campo che attribuirebbe ogni croce presente lungo la strada all’assassinio di un colono bianco.
Ramaphosa, pur essendo entrato a colloquio con Trump ben consapevole di trovarsi in una “fossa dei leoni”, ha mantenuto la calma e la compostezza di fronte a tali accuse. Il presidente sudafricano ha spiegato che il suo governo ha fermamente condannato le dichiarazioni degli estremisti mostrati nel video, pur dicendosi sorpreso dalle immagini dell’esodo di bianchi, affermando di non averle mai viste prima e promettendo di approfondire la questione.
A differenza dell’incontro avuto da Volodymyr Zelensky con Trump, in questo caso i giornalisti presenti hanno avuto un ruolo importante nel depotenziare l’impatto del controverso video, distogliendo rapidamente l’attenzione con domande su altri temi, come il recente dono di un jumbo jet al presidente americano da parte del Qatar. Questa mossa ha fatto infuriare Trump, che ha accusato i giornalisti di essere “idioti” e di non interessarsi al presunto “razzismo contro i bianchi”.
Nonostante le dure accuse di Trump, Ramaphosa è riuscito a mantenere un atteggiamento costruttivo e disteso durante l’incontro, cercando di “ricalibrare” i rapporti tra Sudafrica e Stati Uniti. Il leader sudafricano ha infatti smentito l’esistenza di una legge sull’esproprio delle terre dei bianchi, come sostenuto da Trump, e ha sottolineato che nel suo Paese la criminalità colpisce persone di tutte le razze, senza una specifica “caccia al bianco”. Insomma, Ramaphosa ha saputo affrontare meglio di Zelensky la “trappola mediatica” tesa da Trump, grazie anche al supporto dei giornalisti presenti.