“Caterina” è il nuovo singolo del duo romano Soloperisoci. Un brano che parla di inadeguatezza, di quel senso sordo di smarrimento che nasce quando ci si sente fuori posto, incapaci di aderire agli standard imposti da una società che ci vuole sempre perfetti, risolti, performanti. Nell’intervista che segue siamo andati a fondo rispetto ai messaggi che che il duo ha voluto lasciare attraverso il singolo e rispetto anche alla loro visione del panorama musicale indipendente italiano contemporaneo.
1 – Il vostro brano è un ritratto della società contemporanea, della paura di lasciarsi andare nelle
relazioni, tematica sempre più presente che coinvolge soprattutto noi millennials. Questa
condizione generale vi trascina con sé oppure cercate di opporvi ad essa? -Magari attraverso la
musica e, nella quotidianità, lasciandovi andare alle emozioni-
In realtà non parla proprio della paura di lasciarsi andare nelle relazioni, ma più che altro del non
sentirsi all’altezza di queste, specie quando si realizza di avere una sessualità differente da quella
“eteronormativa”.
2- In effetti questo senso di inadeguatezza è tipico dei testi degli Smiths. Quanto vi ritrovate in
loro? Anche a livello di sound.
Ovviamente sì, Morrisey e gli Smiths rappresentano per noi un vero e proprio genere musicale a
sé, sia per i testi che cercano di raccontare sempre storie particolari, spesso con protagonisti
emarginati, sia per il sound che ha influenzato poi tante scene nei 20 anni di musica successivi.
3- Molto influente per la vostra musica è anche tutta la scena indie rock newyorkese dei primi
duemila, come The Strokes, White Stripes, Yeah Yeah Yeahs…artisti come questi fecero una
scelta ben precisa all’epoca: non scendere a compromessi con le major, con quell’atteggiamento
punk di chi decide di restare indipendente. Oggi, soprattutto in Italia, vediamo artisti che nascono
come indipendenti ma che cercano comunque di arrivare al palco dell’Ariston. Qual è la vostra
posizione a tal riguardo?
Io penso che in Italia, dopo l’ondata indie del 2015-2017, la scena indipendente sia quasi morta.
Nessuno ha più interesse a organizzare eventi con band indipendenti o a supportare nuovi
progetti. Quindi penso sia normale che molti artisti che qualche anno fa erano usciti cone
indipendenti o alternativi puntino a fare Sanremo, ma più che altro per sopravvivere. Poi però
vengono spesso inghiottiti da quel sistema.
4- Siete d’accordo quindi che ormai il termine “indie” sia soprattutto indicativo di un genere
musicale e non tanto della primordiale attitudine di scegliere di rimanere indipendenti?
Noi per indie abbiamo sempre inteso appunto la scena americana dagli Strokes a Mac de Marco
ma penso Che anche in Italia abbia ormai preso un certo tipo di sound (molto diverso da quello
americano) e piano piano, essendo gli artisti indie della prima ondata ormai considerati pop
mainstream, stia includendo anche diverse band simili a noi.
5- Come vedete il futuro della musica underground da qui ai prossimi anni? Ad esempio Manuel
Agnelli, qualche giorno fa ha dichiarato su Rolling Stone che stanno finalmente tornando alla
ribalta giovani che hanno voglia di pogare con il punk hardcore nei centri sociali.
Manuel Agnelli con tutto il rispetto mi sembra viva un po’ in un suo mondo. Lo ritengo in gran parte
responsabile della scomparsa della scena underground italiana in quanto un simbolo di ciò di cui
parlavo prima: un artista eroe dell’underground che passa a diventare un giudice di X Factor e
promotore di superstar da radio e da stadio, diventando dopo diversi anni la figura di riferimento di
un programma televisivo che ogni anno distrugge sogni e progetti di tanti piccoli potenziali artisti.
Penso che la sua storia abbia contribuito a togliere definitivamente credibilità e valori a quella che
era la scena alternative italiana degli anni 2000, che era una vera ficata.
6- Parlando dei prossimi progetti e live. Cosa bolle in pentola?
Ora come ora abbiamo solo un obbiettivo: pubblicare tutte le canzoni che abbiamo nel cassetto, ne
abbiamo veramente troppe e pensiamo Che solo quando riusciremo a farle ascoltare tutte a più
gente possibile potremmo essere veramente capiti.