L’attore, regista e intellettuale Moni Ovadia ha condiviso con Paese Roma le sue riflessioni sul complesso scenario internazionale legato alla guerra tra Hamas e Israele, offrendo uno sguardo critico e senza filtri sui protagonisti globali che, direttamente o indirettamente, vi si trovano coinvolti.
Parla Moni Ovadia
«Putin e Trump non hanno lo stesso obiettivo, questo è chiaro. Donald Trump è difficilmente inquadrabile: cambia opinione nel giro di poche ore. Prima avrebbe voluto resort a Gaza, poi — in realtà attraverso il Dipartimento di Stato — ha contribuito a stilare un piano di pace in 21 punti tra Hamas e Israele. È un uomo che agisce per pulsione personale, senza una linea coerente. Una cosa però è evidente: è un alleato organico di Netanyahu, a tutti gli effetti. Non si può negare che il suo atteggiamento lo avvicini direttamente alle posizioni del premier israeliano».
«Vladimir Putin, invece, ha ottimi rapporti con Israele. Bisogna ricordare che circa un milione di russi vivono lì: alcuni sono ebrei, altri no. Putin mantiene una posizione distante dall’operato di Netanyahu, ma lo fa con cautela e diplomazia, perché è impegnato in un’altra guerra, quella in Ucraina, contro il furfante Zelensky. È un leader molto equilibrato: se non ci fosse stato lui, probabilmente saremmo già scivolati nella terza guerra mondiale. Ha dimostrato anche grande sensibilità: ha invitato alcuni esponenti politici palestinesi come osservatori nei BRICS, un gesto che ha un valore politico e simbolico non indifferente».
Il quadro italiano e il ruolo della stampa
Ovadia commenta anche l’iniziativa del nostro quotidiano: «Apprezzo moltissimo l’idea di Paese Roma di raccogliere le voci del popolo sull’operato di Netanyahu e sul governo israeliano. È un po’ come aprire dei quaderni di lamentazione, dei cahiers des doléances, che danno spazio alla rabbia, alla frustrazione e alle richieste della gente. È un atto di democrazia che restituisce dignità all’opinione pubblica».
«In Italia si sono viste manifestazioni importanti a favore del popolo palestinese. È giusto che queste voci trovino canali di espressione, perché l’opinione pubblica non può restare muta davanti a una tragedia che investe la coscienza di tutti».



















