Esce il primo album del Gracenoteduo, Tiaré e monoi per Filibusta Records (distribuzione fisica I.R.D., distribuzione digitale Altafonte Italia), progetto di Grace Falcone e Raffaele Sargenti.
Abbiamo incontrato il duo per una chiacchierata e nell’intervista che segue Grace e Raffaele si raccontano artisticamente:
1- Come è nato il progetto Gracenote?
Ci siamo conosciuti a Bologna, città che ci ha ispirati e ci ha dato molti stimoli. Prima di costituire il nostro duo abbiamo fatto parecchia strada, ognuno col proprio bagaglio musicale: Grace viene da Vieste, è pianista classica, cantante e vocologa, oltre a una laurea in comunicazione ha accumulato anni di esperienza tra serate estive e concerti, anche in Andalusia. Raffaele invece è umbro, ha studiato al Dams, diploma in chitarra e composizione, è autore di teatro musicale e musica da camera. Da un incontro in Conservatorio è scattata la scintilla e abbiamo deciso di unire le nostre influenze — il calore e i ritmi latini di Grace con la formazione classica di Raffaele.
2- Come mai è passato così tanto tempo dalla vostra formazione alla pubblicazione del primo album?
Nei primi anni di attività come duo abbiamo privilegiato la dimensione dal vivo, con l’intento di definire un suono personale attraverso l’interpretazione di autori italiani e stranieri. È stato un periodo di crescita che ci ha permesso di confrontarci con contesti e pubblici molto diversi.
Parallelamente, Grace si dedicava all’insegnamento e alla ricerca sulle più recenti tecniche vocali, mentre Raffaele proseguiva la propria attività nella musica sperimentale. Alcuni brani inediti erano già in lavorazione, e dopo qualche anno abbiamo raggiunto una sintesi equilibrata tra voce e chitarra, capace di dare pienezza alle nostre canzoni anche nella formazione essenziale chitarra- voce; così siamo entrati in studio per riportare “nero su bianco” le nostre esperienze.
3- Cosa avete provato quando avete visto il lavoro di tanti anni finalmente inciso in un disco?
Prima che il disco di materializzasse ci era capitato di fantasticare sul possibile titolo, i colori e la copertina, i ringraziamenti… dobbiamo dire che, una volta avuto il disco tra le mani è stata una bella emozione perché pensiamo che questo progetto restituisca in modo autentico la concezione del fare musica che abbiamo oggi.
4- Qual è la chiave per fondere ritmi latini a quelli della tradizione italiana?
Sicuramente non c’è una ricetta valida per tutti, ci siamo ispirati in parte ad autori da noi amati (Concato, Pino Daniele, Paolo Conte, Capossela) che hanno esplorato in modo diverso le suggestioni musicali popolari ed extraeuropee, la nostra peculiarità è però quella di riportare il tutto a una dimensione in cui chitarra e voce si scambiano ritmo e melodia, in una sorta di valorizzazione reciproca. Un po’ come il titolo del disco, “Tiaré e monoi”: un profumo esotico costituito da due elementi – il fiore e l’olio – fatti però della stessa essenza.
5- Siete in tour per promuovere l’album?
Stiamo costruendo il tour, abbiamo appena presentato il nuovo album in concerto nel Gargano, un luogo del cuore che ci ispira grazie ai paesaggi evocativi e, per quanto riguarda alcuni testi, alle peculiarità della gente locale. Ci piacerebbe intanto girare la Puglia e poi tornare a Roma, una città che ci affascina e che è legata alla nostra formazione: Grace infatti è dottoranda a Roma Tre, Raffaele si è specializzato in composizione all’Accademia di Santa Cecilia.
6-Quali sono le vostre ispirazioni?
Le nostre canzoni in genere prendono spunto da aneddoti di vita quotidiana: un appuntamento mancato, un incontro inaspettato o una semplice cena tra amici, il ricordo di un’ immagine o di un profumo che ti porta altrove. A livello musicale i riferimenti sono davvero molti perché ascoltiamo i generi più diversi, dalla classica al jazz, dalla scena più o meno indie all’elettronica: abbiamo imparato che la creatività musicale prescinde da generi e epoche, l’importante è sapersi districare tra la mole di produzioni che affollano il presente e rintracciare quei suoni coi quali stabilire un dialogo sincero e artisticamente fruttuoso. Un punto fermo è l’amore per i grandi autori della musica brasiliana: Jobim, Buarque, Veloso, con le loro sapienti combinazioni di chitarra-voce e le soluzioni armoniche mai banali. Per quanto riguarda l’interplay del duo è stata una rivelazione la conoscenza di Tuck e Patti, anni fa abbiamo avuto la fortuna di aprire un loro concerto e da allora portiamo nel cuore le loro parole e il loro esempio di stile, tecnica e sensibilità.
7-Che progetti avete per il futuro?
In questa fase vogliamo soprattutto portare il disco sul palco e vedere che cosa succede quando i brani prendono vita davanti al pubblico. È un modo per capire se le canzoni funzionano davvero, ma anche per divertirci e lasciare spazio all’improvvisazione. Poi inizieremo a pensare a nuova musica: magari qualche singolo, o un secondo disco più maturo. La sfida sarà non perdere la spontaneità del progetto, mantenendo il nucleo chitarra-voce che ci rappresenta, ma sperimentando nuove texture sonore, magari con altri strumenti e qualche influenza elettronica. Ci piace l’idea di evolverci seguendo un percorso naturale, senza forzature.

















