“L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello con adattamento testuale, sceneggiatura e regia del docente e critico teatrale Pino Pesce, va in scena domenica 20 settembre, alle ore 21:00, presso il Cortile del Castello Ursino di Catania. Un appuntamento organizzato per il Catania Summer Fest, con dedica a Pino Caruso e Rosa Balistreri (30° della scomparsa), dove vedremo salire sul palco un ricco cast: Mario Opinato (L’uomo dal fiore in bocca), Gabriele Vitale (Avventore), Luisa Morales Ippodrino (Allegoria della Vita), Valentina Signorelli (Allegoria del Tempo) e la voce fuori campo di Pino Caruso. Le musiche di Elisa Russo e il Videomaker Vincenza Mastroeni, presenta Lella Battiato Majorana, alla presenza dell’assessore alla Cultura di Catania Barbara Mirabella. Inoltre, è previsto un omaggio a Rosa Balistreri con l’intervento della giovanissima cantautrice Giuliana Scandura.
L’intenzione da parte del regista è di comunicare allo spettatore la sua personale visione di far credere che con la morte non finisce tutto. L’opera difatti chiude con un‘apertura alla speranza, carica di aspettative pur se dentro molte incertezze umane. Pirandello ha scritto l’atto unico di questo dramma straordinario tirando fuori il meglio delle sue virtù narrative che mettono a fuoco l’illusorietà della vita. L’azione si svolge all’esterno di un caffè di una stazione ferroviaria, illuminata da deboli luci notturne. In questo scenario, un pacifico avventore, che ha perduto l’ultimo treno serale, si ritrova ad ascoltare la storia dolorosa di un uomo malato di cancro: simboleggiato come un fiore che la morte gli ha ficcato in bocca. Un monologo fra l’uomo razionale, cosciente del proprio male e l’uomo comune preso dalle mille premure della vita che deve essere vissuta in ogni sua formalità per non turbarne l’equilibrio. Ne scaturisce una meditazione sull’esistenza umana e la necessità di dare un senso alle cose, anche quando il senso è distante.
I dialoghi parlano di incertezza, ma alla fine sono rivestiti di speranza anche se non suffragate dalla certezza assoluta. Lo spettacolo vuole far riflettere sulla imprevedibilità della vita e su ciò che la rende ancora più misteriosa. A tutto questo si aggiunge un’appendice registica eccezionale del professore Pino Pesce, così bravo, al quale abbiamo fatto alcune domande:
Come e quando le è sorto l’interesse per il teatro da autore e da regista?
“Fu un’occasione didattica: la recita di Donna de Paradiso di Jacopone da Todi dalle mie allieve di un Istituto per stilisti di moda di Enna (primi anni ’80); negli anni a venire riprovai con opere di Pirandello e brani della Divina Commedia. Poi ebbi un’esperienza teatrale extrascolastica singolare e di qualità artistica come autore: Giovanni Calcagno (oggi attore, allora artista di strada), nel 1999 (ero, al tempo, Presidente dell’Associazione Culturale del Rione Panzera di Motta Sant’Anastasia), mi disse di scrivergli qualcosa da recitare per le locali Feste Medievali; gli scrissi così una sacra rappresentazione: Trapasso di Sant’Anastasia. Fu un successo straordinario di fronte ad un migliaio di persone, grazie alla bravura recitativa di Calcagno, all’animazione dei Batarnù e di alcuni ragazzi del Rione dietro la regia di Alessandra Pescetta, già allora apprezzata regista. La mia esperienza registica risale invece al 2014 con la rielaborazione de L’uomo dal fiore in bocca, cui mi ha prestato consigli e la voce fuori campo il nostro conterraneo e grande attore Pino Caruso. Voleva esserne protagonista, Pino, ma non ci furono poi le condizioni fra i suoi spettacoli già in corso e il suo incipiente malessere.”
Quali autori e opere ha portato più frequentemente sulle scene?
“Non ho avuto tante esperienze teatrali; ho continuato con un musicalstory Rosa Balistreri/ A memoria di una Voce che ho costruito rifacendomi alla biografia sulla cantante di Licata scritta dall’avvocato Giuseppe Cantavenere, mio carissimo amico. Poi, ma solo per le scuole, ho supportato con qualche consiglio artistico-letterario, un lavoro su Caravaggio ideato dal coreografo Alfio Barbagallo che già mi aveva prestato la sua professionale esperienza in Rosa Balistreri. Il 3 febbraio 2020, infine, sono stato gratificato da una straordinaria esperienza come autore, innanzitutto, e come regista con Agata, Vergine e Martire, una sacra rappresentazione data al Teatro Sangiorgi” di Catania e voluta dal dott. Riccardo Tomasello, Presidente del Comitato per la Festa di Sant’Agata nella città di Catania. Puntualizzo che, per come intendo la regia, mi piace definirmi régisseur più che regista.”
Quali autori o testi teatrali pensa possano avvicinare maggiormente i giovani al teatro?
“Già il teatro in se stesso (almeno che non abbia una valenza didattica ed educativa) dovrebbe richiamare l’amore dei giovani verso questa grande Arte che è lo specchio della nostra vita. Vi sarebbe tanto da discutere, l’argomento non è di semplice definizione. Come autori, consiglierei ai giovani Pirandello, Čechov, Sartre, Camus, Becket. L’elenco non si esaurisce in loro; quanto ci sarebbe da dire su quelli marcatamente classici: da Shakespeare in giù fino ad Eschilo. Anche i miei testi teatrali passano dal filtro di questi Grandi. Ma se dovessi citare un’opera in assoluto, citerei I sei personaggi in cerca di autore del drammaturgo di Girgenti.”
Non pensa che l’educazione non solo visiva dei giovani passi dai nuovi media? Il teatro può essere una forma alternativa di condivisione rispetto a un social network?
“Si certo, l’educazione dei giovani passa attraverso i nuovi media; infatti già ne L’uomo dal fiore in bocca, dove però ho rispettato la sacralità del testo pirandelliano, ho subito la contaminazione multimediale. Il social network è una grande e bella opportunità; tutto dipende dall’uso che se ne fa; mi diceva un mio docente di Filosofia: «Il coltello è buono se lo si usa per tagliare il pane o altro affine; se lo si conficca a qualcuno certamente non se ne fa un buon uso.”
di Marcello Strano