“Poesie pe campà mejo” è il titolo del sesto libro di Lorenzo Di Matteo, attore, scrittore e insegnante di teatro, pubblicato da Eretica Edizioni nella collana Quaderni di poesia. Una raccolta di trenta poesie in dialetto romanesco che esplora il mondo attraverso la voce autentica e spiazzante della periferia, della gente comune, di una Roma spesso nascosta ma profondamente vera.
Nel suo nuovo libro, Lorenzo Di Matteo utilizza il dialetto di Roma non come folklore, ma come strumento narrativo potente, capace di esprimere con incisività emozioni profonde, contraddizioni e verità universali. Non ci sono stereotipi né frasi fatte: ogni poesia ha una voce distinta, ogni personaggio racconta un frammento di vita che ci appartiene un po’.
Si passa dall’ironia tagliente alla dolcezza struggente, dai toni surreali alla realtà più cruda. I protagonisti sono assassini sorridenti, uomini soli, vecchi coriacei, ragazzi persi nella notte, giudici-giardinieri, gatti di strega, cani randagi, gabbiani e galline. Figure ai margini o al centro di storie che parlano sempre, in fondo, di noi.
Il titolo “Poesie pe campà mejo” è una dichiarazione di intenti. Queste poesie non vogliono solo raccontare, ma anche aiutare, curare, restituire senso e consapevolezza. Come spiega l’autore stesso: «Amo il mio dialetto, perché è il modo in cui sono abituato a esprimere i fatti e le emozioni più belle e più sporche, ma anche per illuminare con una luce particolare un evento che voglio raccontare».
La raccolta nasce da anni di scrittura e performance teatrale: molte delle poesie presenti nel libro sono state inizialmente pensate per essere recitate sul palco, dando vita a un linguaggio che è insieme poesia, teatro e confessione. Un esempio? La prima poesia in romanesco scritta da Di Matteo, “Pien de talento”, nacque durante le prove di uno spettacolo dedicato a Giuseppe Gioachino Belli.
Il libro è anche un evidente omaggio ai grandi poeti romani del passato, primo fra tutti Belli, fonte d’ispirazione per Di Matteo. Ma “Poesie pe campà mejo” non è un’imitazione: è un’opera originale, che porta il dialetto romano nel presente, facendolo risuonare con forza nuova. La lingua è viva, priva di compiacimenti, e restituisce un’umanità sincera, piena di contraddizioni, a volte luminosa, altre volte gretta e soffocante. Ma sempre vera.
Eleonora Francescucci