L’ultimo romanzo di Dan Brown – l’ottavo di una carriera ventennale, uscito il 9 settembre u.s. in contemporanea mondiale in 17 Paesi – nell’edizione italiana reca il titolo L’ultimo segreto; titolo che, direi, non rende però giustizia al corrispondente originale: The Secret of Secrets.
Il libro è da considerarsi già un successo editoriale, considerato anche che Netflix ha anticipato che il testo del Romanzo sarà adattato in una serie tv di prossima uscita. Il Romanzo è l’ultimo di una saga di 6 libri – che fa seguito al penultimo edito nel 2017 con il titolo Origin – oltremodo nota al grande pubblico dell’imaging – ciò che in un recente passato si definiva l’immaginario collettivo – mediante la riproduzione adattata di 3 rappresentazioni cinematografiche, la cui uscita non ripete la sequenza dei testi scritti così come di seguito indicata tra parentesi: Il codice Da Vinci (2003), Angeli e demoni (2000), Inferno (2013).
Ciò premesso, ritengo dunque che un’esperienza storica plurimillenaria ci riconduce al significato di un’opera “collettiva”, che, altresì nel caso dell’opera di Dan Brown, ci restituisce lo zeitgeist o spirito dei tempi, e cioè, come significato nella Treccani, termine “con cui si suole indicare il clima ideale, culturale, spirituale che si considera caratteristico di un’epoca“.
Un’epoca, quella attuale, che reca specialmente l’impronta della ricerca e dello sviluppo tecnologico, meccanicistico e algoritmico, che, tuttavia, ripete lo schema classico della mimesis o imitazione naturale, e, in definitiva, riguarda l’organizzazione della polis.
Alla fine del libro IX della Repubblica, Platone fa dire a Socrate che: “… il suo modello si trova nel cielo a disposizione di chi desideri contemplarlo e, contemplandolo, in esso fissare la sua dimora. Non ha quindi importanza che una siffatta Città attualmente esista o possa esistere in futuro, perché comunque egli (n.d.r.: il filosofo-Custode) potrebbe occuparsi solo di questa Città e non di altra” (592b).
Ma l’argomentazione usata da Platone è fallace e finisce per ritorcersi contro il suo stesso argomento (thesis) e quindi contro il suo stesso discorso (logos). Come infatti rileva Simon Critchley[1]: “Con una formula che dice tutto, Omero viene chiamato (da Socrate) ‘autore di immagini’, o, più precisamente, di una fantasmagoria (éidolon) (599d)“. E l’accusa rivolta al “Poeta” è, in definitiva, quella che “Omero non ci ha lasciato una sola scoperta utile (599d-600b)“. Ma, la stessa accusa non può che valere anche per Platone: anche lui è un imitatore, un emulo di Socrate. Siamo tutti imitatori: narratori, scrittori, scenografi, registi, etc. Tutti “attori” sia dell’alto che del basso. Ha ragione Aristotele: “In primo luogo c’è l’impulso alla mimesis, dovuto al fatto che siamo animali ‘imitativi’ (senza) alcuna rilevanza ontologica“[2].
Ciò che scorre davanti a noi è solo un fiume di parole e immagini – che non hanno alcuna rilevanza ontologica ma soltanto pratica o attuale. Per dirla con Madame Huppert: “Ciò di cui si occupa il teatro è l’energia vitale, una certa esperienza dell’energia vitale. La sola cosa che conta è questa. Tutto il resto sono solo idee. Buone idee, forse. Ma solo idee”[3]. E tuttavia, ha altresì ragione Martin Heidegger: il termine latino actualitas traduce – erroneamente – il termine greco energheia, corrompendone il significato, così che “la parola greca è obnubilata“[4].
E quindi, ritorniamo all’immaginario collettivo, e in particolare questo – attuale – di Dan Brown.
Il Romanzo, come potete facilmente intuire, è avvincente, di facile lettura e comprensione. Salvo che non vi facciate scoraggiare dalle frasi che leggete in apertura, prima dell’incipit: Quando la scienza inizierà a studiare i fenomeni non fisici, farà più progressi in un decennio che in tutti i secoli precedenti (Nikola Tesla). Ma, da circa un secolo e oltre, a seguito delle applicazioni della fisica quantistica siamo già a tutto questo. E ancora: Tutte le opere d’arte, i simboli e i documenti cui si fa riferimento in questo romanzo sono reali. Tutti gli esperimenti, le tecnologie e i risultati scientifici sono fedeli alla realtà. Tutti gli enti e le organizzazioni citati esistono. Del resto, l’abbiamo appena detto, siamo tutti imitatori di “ciò che è” (già presente) in natura.
Sulla “chiave”, per così dire, del Romanzo, credo di aver detto già molto e pertanto non rivelerò altro. Quanto a Il Segreto dei Segreti o L’ultimo segreto, credo che ciò che chiamiamo Realtà Virtuale abbia, invece, ancora molto da dirci. E insegnarci…
Aristotele ne diceva non in termini di “segreto”, bensì di “tesoro”: (Che) i nostri progenitori delle più remote età … pensavano che le prime sostanze fossero dèi – lo si dovrebbe ritenete un’enunciazione ispirata e riflettere che, mentre probabilmente ciascun’arte e ciascuna scienza sono state più volte sviluppate fin dove era possibile per poi perire di nuovo, queste opinioni, assieme ad altre, sono state preservate fino a oggi come reliquie dell’antico tesoro[5].
Buona lettura a tutti!
Angelo Giubileo
[1] S. Critchley, A lezione dagli antichi, Mondadori 2020, p. 175.
[2] Ibidem, pp. 213-215.
[3] Ibidem, p. 293.
[4] M. Heidegegr, Sentieri interrotti, La Nuova Italia 1968, traduzione a cura di Pietro Chiodi, p. 347.
[5] G. de Santillana – H. von Dechend, Il mulino di Amleto, Adelphi 2000, p. 183. A proposito di Amleto, scrivono nell’Introduzione all’opera i due Autori: Fu tuttavia una sorpresa trovare dietro la maschera una potenza cosmica antica che tutto abbracciava: l’originario signore della vagheggiata prima età del mondo.
















