Ciccia, muscoli e cuore sul ring
Quando si parla di grandi pugili, l’immaginario comune si riempie di figure alte, asciutte, slanciate, con muscoli scolpiti. Tony Galento, italo-americano nato nel 1910 a Orange, New Jersey, era l’opposto: tozzo, massiccio, con addosso più “ciccia” che linee da statua greca. Eppure, con la sua potenza e il suo coraggio, arrivò a sfidare niente meno che Joe Louis, il più grande peso massimo della sua epoca.
L’istrione del ring
Il soprannome “Two Ton” gli rimase addosso dopo una battuta: arrivò in ritardo a un match spiegando che aveva dovuto consegnare due tonnellate di ghiaccio. Da allora Galento divenne non solo pugile, ma personaggio. Sul ring colpiva duro, ma fuori sapeva attrarre i riflettori: provocatore, istrionico, con dichiarazioni colorite e atteggiamenti teatrali che oggi lo renderebbero una star dei social.
La potenza di un gancio sinistro
Galento non aveva uno stile elegante. La sua difesa era scarna, la tecnica rozza, ma il suo gancio sinistro era micidiale. Il 28 giugno 1939, davanti allo Yankee Stadium gremito, riuscì addirittura ad atterrare Joe Louis al terzo round, un’impresa che pochi osavano immaginare. Louis si rialzò e vinse l’incontro al quarto round, ma Galento rimase nella memoria di chi assistette: un uomo comune che osava sfidare il mito.
Un simbolo che sfatava i cliché
Il suo corpo massiccio smentiva il dogma che solo gli atleti scultorei potessero eccellere. Galento era la prova che la boxe non è solo eleganza, ma anche potenza, resistenza e cuore. Con lui cadeva l’illusione che la forma fosse più importante della sostanza: “ciccia e muscoli” erano, per lui, due facce della stessa medaglia.
L’eredità di un pugile dimenticato
Dopo il pugilato si reinventò come wrestler, attore e showman, restando fedele alla sua indole istrionica. Morì nel 1979, lasciando dietro di sé una carriera fatta di sudore, sberleffi e pugni poderosi. Oggi il suo nome è quasi dimenticato, eppure Tony Galento rappresenta una pagina viva di sport e cultura popolare: un figlio dell’emigrazione italiana che, senza avere il fisico del campione ideale, ha fatto tremare il re dei pesi massimi.
















