C’è un confine sottile — e sempre più labile — tra verità e finzione, tra ciò che può essere detto e ciò che può solo essere intuito.
Los Depredadores. Biografía de una gran estafa, scritto da Llorenç Lluell, non lo attraversa: lo smaschera. È un libro che si presenta come romanzo, ma solo nella forma, perché sin dalle prime pagine confessa la sua natura autentica di testimonianza reale. L’autore racconta in prima persona la cronaca di un’epoca — quella del capitalismo finanziario degli anni ’80 e ’90 — vissuta dall’interno, nei settori bancario, industriale, artistico e cinematografico, dove si è costruita una “solvibilità economica” spesso fondata su meccanismi opachi, manipolazioni contabili e strategie speculative. Al centro del racconto c’è un’élite invisibile che, anche quando non è nominata, è perfettamente riconoscibile.
Il tutto, tra le pieghe di un mondo in cui il denaro si moltiplica non tanto con il lavoro, quanto con l’illusione: quadri di immenso valore attribuiti ad artisti celebri, relazioni personali con nomi di spicco dell’arte e del cinema, investimenti nel mondo hollywoodiano e rapporti diretti con politici del tempo. Lluell non si nasconde: racconta, dettaglia, documenta.
Non teoria astratta, ma cronaca dissimulata in forma di finzione per rendere forse più digeribile ciò che, se dichiarato apertamente, sarebbe forse troppo scomodo.
In un’epoca segnata dalla proliferazione di narrazioni alternative, fake news e complottismi virali, Los Depredadores si staglia come un’opera inquietante, disturbante e, per certi versi, rivelatoria.
Nomi, cognomi, eventi e circostanze fin troppo reali lasciano al lettore un’unica, inquietante domanda: quanto di ciò che archiviamo come finzione è, in realtà, verità travestita?
Ho letto più volte questo libro e conosco personalmente l’Avv. Llorenc Lluell; sono convinta che il messaggio più prezioso dell’autore sia l’aver disvelato uno degli “schemi del potere”, fornendoci una chiave di lettura dell’attualità con valore universale che ci consentirà sempre di individuare il senso di eventi apparentemente contraddittori e casuali. Mi chiedo quanto ancora non sia stato raccontato e mi aspetto di leggere, come quei lettori iniziati alla sete della conoscenza, come questa storia sia davvero proseguita, perché la parola “fine” appartiene soltanto alle favole — mentre storie come questa si snodano, si evolvono e si trasformano senza mai chiudersi davvero.
Avv. Emanuela Fancelli