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Dentro la notizia – Il caso emblematico del Comandante Schettino

La caduta nell’immaginario collettivo del Comandante Schettino “dalle stelle alle stalle” dopo l’attuale condanna, rende improba la risalita attraverso la Corte di Cassazione dalla realtà giudiziaria della sentenza di appello

Alberto Zei by Alberto Zei
25 Maggio 2016
in Politica
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Dentro la notizia – Il caso emblematico   del Comandante   Schettino
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 Di Alberto Zei

    Con il senno del poi –   Dopo la collisione della Concordia sulla secca delle Scole,  il Comandante Schettino è stato  considerato l’emblema di una persona che per meriti non condivisi  ha ottenuto l’affidamento  di una prestigiosa nave da crociera, le cui responsabilità di comando non si sono rivelate compatibili con quelle della sua capacità professionale.      La maggior parte della gente non  ha ritenuto importante   conoscere  di più; se  non qualcuno interessato ai particolari  di questa vicenda,  a scopo risarcitorio.   Entrando però dentro la notizia,   si comprende che la realtà è un’altra.  Sembra infatti, che fino adesso abbia prevalso Concordiasulla condanna di Schettino il fatto  che  la  collisione e tutto ciò che questa ha comportato, non sarebbe avvenuta se  il  Comandante  si  fosse tenuto a debita distanza dalle coste dell’ Isola e non avesse  invece,  condotto  la nave a  squarciarsi sopra una secca del Giglio. Tutto ciò  è  ormai  scolpito a caratteri quasi indelebili    nell’ immaginario collettivo  della maggior parte delle persone e da quanto si evince,  anche nella sentenza della Corte di Appello di Firenze.               Dalla  realtà processuale dei fatti sull’ erroneo  presupposto della diretta responsabilità  attribuita  a Schettino,  è derivata la stessa sentenza  di appello che,   applicando la legge,  ha addirittura inasprito la pena. Questa  è adesso la condizione di partenza del processo  di Cassazione  che si terrà prossimamente davanti alla Suprema Corte.   Ma se anche nell’ ultima  revisione processuale verrà sorvolata la realtà delle cose,  ovvero,  se ancora  si  riterrà,  così come è stato ritenuto  in appello, che Schettino  sia stato l’ artefice  del pericoloso  avvicinamento della Concordia  alle coste del Giglio,  allora è molto probabile che anche il  processo di Cassazione sarà per  lui tutto in salita.

Il profilo del Comandante prima dell’evento – Qualche anno fa, se qualcuno avesse pensato ad una rappresentanza nazionale della Marina mercantile circa la professionalità espressa al massimo livello, molto probabilmente si sarebbe trattato del comandante  Francesco Schettino. Egli,  infatti,  a fronte di una  brillante carriera  era stato posto dalla compagnia Costa al vertice del comando di una delle due più  prestigiose nave da crociera,  la Costa Concordia,  sulla quale fino al giorno del terribile incidente, si era comportato,  al contrario di quanto molti ritengono, in modo piuttosto brillante.

Il Comandante Schettino, descritto da chi lo conosceva prima del sinistro, era una  persona naturalmente cordiale e disponibile con tutti.  Egli però, assumeva per le sue qualità professionali di cui sicuramente era immodestamente consapevole, un atteggiamento alquanto autoritario e verticistico a sostegno delle sue decisioni in navigazione  con il  personale di bordo ed in particolare con i  colleghi ufficiali con i quali difficilmente condivideva il supporto complementare. Altre volte  la sua autorità si trasformava però, in autorevolezza,  quando per intuizione marinara o per ostentata capacità di esperto comandante,  riusciva a prevenire,  a fare  e  anche a osare,  ciò che gli altri inizialmente disapprovavano dal loro punto di vista professionale. Le sue decisioni in navigazione talvolta erano piuttosto estreme.  E’ perciò anche naturale che situazioni ripetitive di questo genere dessero piuttosto fastidio allo staff (bridge team)  di plancia  formato da uomini altrettanto validi, ma che molto spesso venivano contrariati dagli intendimenti divergenti dello stesso Comandante che affidava le decisioni di bordo più al suo intuito personale che ai più o meno buoni consigli di navigazione e soprattutto di manovra, da parte dei propri ufficiali.   Con due esempi  di comportamento in navigazione apparentemente contrari, meglio si delinea un atteggiamento professionale  che si presta e si sottrae insieme,  ad un’unica definizione del rapporto che Schettino ha con il mare.

 Eccesso di sicurezza e spavalderia –  Non sempre però, l’attenzione dell’equipaggio in generale e degli  ufficiali in particolare,  si poteva focalizzare sul suo modo un po’ guascone di affrontare le difficoltà. Altri casi infatti, accaduti  in condizioni di navigazione pericolosa, denotano inaspettatamente proprio dai  racconti del personale,  un comportamento ragionevole e più prudente di altri colleghi suoi pari, di altri mercantili in quelle stesse circostanze.  E’ difficile dare a Schettino un unico connotato di persona spavalda e imprudente o al contrario,  di comandante  pavido di fronte alle avversità  del mare e alle difficoltà di navigazione.   Si vuol riportare a supporto delle apparenti ambiguità di comportamento del  Comandante della Costa Concordia  due episodi  emblematici per un verso,   della sua capacità professionale  e  per       l’ altro,  dell’  intuizione e della prudenza che  è stato capace di esprimere. Si legge in un rapporto:”  “La Concordia sta affondando e per la prima volta i suoi ufficiali hanno la forza di ribellarsi al loro comandante. Non l´avevano avuta il 17 dicembre scorso quando – è l´altra sconvolgente verità che emerge dai verbali – Schettino mette a repentaglio una prima volta la nave, carica di passeggeri. Quel giorno, la Concordia è all´ancora nel porto di Marsiglia. Il vento soffia tra i 50 e i 60 nodi. Una tempesta. Racconta l´ufficiale  di coperta Martino Pellegrino.  Non era certamente amichevole l’ intenzione di Pellegrino  quando esprime la considerazione che egli nutre verso il suo Comandante. Egli  infatti, prosegue: «Ci radunò sulla banchina e ci informò che saremmo usciti comunque, nonostante quel vento. Ci fu un silenzio agghiacciante. Ci guardammo tra di noi, ma non avemmo la forza di parlare. Poi, ci ordinò di ispezionare i respingenti della banchina, per assicurarci che tenessero». Quel giorno, infatti, la manovra è spericolata. La “Concordia” lascia la banchina con le “macchine avanti tutta” facendo leva proprio su quei respingenti, come fossero una molla”.Concordia 2A

 Nel segno della prudenza    –  C’è anche chi lo ricorda come un valido comandante per opposte ragioni. Si riporta anche qui un commento di un intervista fatta all’ epoca ad un membro del’ equipaggio di cui sfugge il cognome.  Si tratta di Fernando, salernitano, uno dei responsabili del ristorante Milano,  quarto ponte della Concordia.  “Chi ha lavorato con lui sulle navi Costa lo descrive «un grande professionista», «un comandante preparato», «un uomo mai arrogante e sempre disponibile con tutti», «un marinaio abilissimo nelle manovre». Fernando rievoca infatti,   un episodio del febbraio 2011: «Stavamo navigando in Atlantico da Tenerife alle Canarie a Fune hai   sull’Isola di Madeira. C’erano altre navi in quell’area, ma Schettino è stato l’unico a interpretare correttamente i dati meteo e a capire che stavamo andando incontro a una bufera. Tra le proteste dei passeggeri ha cambiato programma, è rientrato nel Mediterraneo e ha fatto rotta su Malaga. Chi non ha fatto come noi si è ritrovato con mare   forza 10 e una nave della Royal caribbean ha avuto 300 feriti a bordo. Questo è Schettin

 L’ aggressività passiva   –  Doveva avvenire prima o poi che le emotività represse dall’ egocentrismo protagonista di Schettino, si manifestassero  sotto forma della così detta, “aggressività passiva”. Pur non essendo qui il luogo di approfondire questa interessante sfaccettatura psicologica della frustrazione,   si accenna soltanto che si manifesta  in generale attraverso  le tipiche azioni omissive,  rispetto a quanto si dovrebbe  fare per evitare   un danno.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                 ll limite delle 0,5 miglia nautiche  da terra

Analogamente   quella parte dell’equipaggio dello staff di coperta che non si sentiva in grado di agire o reagire  alle contrarietà incontrate nei rapporti con il Comandante  per timore reverenziale, quando finalmente si presenta l’ occasione, ecco  che   improvvisamente tutto fa  pensare che  abbia assunto  un comportamento omertoso,   lasciando che il “leone” si ferisse  a morte. L’atteggiamento  di Schettino non poteva infatti,  non generare una progressiva frustrazione  professionale tra lo staff degli ufficiali di coperta addetti al controllo della navigazione quando è lui stesso   che impone a tutti quanti    le proprie irrevocabili decisioni. Non soltanto,  ma quella  stessa mattina Schettino aveva redatto  in un rapporto alla Società Armatrice sull’attività professionale del Primo Ufficiale Ambrosio,  la di lui  inidoneità all’avanzamento di grado di    Comandante.  La notizia di quello stesso giorno,  non deve aver fatto a d’Ambrosio un effetto diverso da quello immediatamente intuibile.                                                                                                                                                                                                  

Concordia 3Ar

A incrementare in  quella notte,   la serie delle circostanze relazionali negative con l’ equipaggio  definito da Schettino: “dall’ inaspettato cronico disagio”, si aggiunge l’ omesso  riporto  del  superamento del limite richiesto di 0,5 miglia, la disinvolta osservazione della manovra da parte dei tre  ufficiali di coperta, la mancata segnalazione dopo, della eccessiva  penetrazione della nave  verso terra. Se ciò non bastasse,  a questo punto  subentra anche il timoniere  Rusli.  Questi infatti, dopo il congruo periodo di addestramento per l’esercizio dell’attività a cui gli è predisposto, ovvero, quella di timoniere  e dopo un altrettanto, si presume, congruo  periodo operativo al governo di una nave di prestigio come la Concordia,  diviene improvvisamente refrattario ai comandi che Schettino impartisce.   Questi  dopo il naufragio, non rendendosi ancora conto che il timoniere aveva compiuto degli  errori di manovra che   avevano  modificato la rotta della  Concordia,  riferisce soltanto che la eccessiva penetrazione della nave  a lato del porto del Giglio  non corrispondeva a quella da lui stesso  richiesta.

Foto di repertorio- Il Comandante Schettino  sul ponte di comando

   Dichiara infatti,   a verbale: ” Sul ponte di comando, era stata tracciata la rotta, io avevo fissato un 05  (circa 925 m)  di distanza dal passaggio; al primo ufficiale che seguiva le consegne impartite gli dissi di ridurre la velocità inizialmente man mano che la nave accostava e si portava sulla dritta. Dissi: adesso io assumo il comando e termino la manovra.”

Da un’intervista successiva  riportata dall’Ansa,  si legge: “In plancia – ricorda la sera del 13 gennaio lo stesso Schettino – non vi era caos, la navigazione era semplice e tranquilla, ero in plancia in sostanza per salutare l’isola, altrimenti non sarei salito: in una situazione chiara e di estrema semplicità, ho visto prevalere dapprima un inaspettato ‘cronico disagio’ per aver richiesto di effettuare un’accostata con timone a mano che avrebbe dovuto essere di normale routine e invece si è trasformata in una tragedia”.                                                                                                                                                                                                         Sempre dai verbali si legge che a bordo non vi era agitazione alcuna, per l’eccessivo avvicinamento a costa.  Quindi, gli errori di virata, compiuti, come si vedrà,  ripetutamente da Rusli non erano neppure teoricamente imputabili ad uno stato di nervosismo che fino allora il timoniere non poteva avere. Rusli quindi,  non poteva essere agitato a causa dell’ ansia di una situazione che ancora non conosceva.                       O invece la conosceva?           Ma dalla lettura della relazione peritale egli sembra ora perdere il significato delle parole, non comprende o non esegue se non,  in modo sbagliato. Il timoniere , infatti, in  meno di un  minuto  travisa due vitali ordini del Comandante.  La registrazione della scatola nera si apre alle 21.43  La Concordia è a circa  due minuti dall’ impatto.” Schettino (in inglese) ordina:  “starboard” (barra) a “350” al timoniere indonesiano Rusli. Che tuttavia dimostra di comprendere a tratti, perché all’ordine risponde “starboard 340”. Schettino lo richiama: “Otherwise we go on the rocks”, altrimenti finiamo sugli scogli. Parole accolte da risate. In quel momento non sembra esserci alcuna tensione. Né di Schettino, né degli ufficiali di coperta che sono con lui.“ Concordia 4A

Quando Schettino però, si rende autonomamente conto nel buio della notte,  della grave condizione di avvicinamento  verso terra della  Concordia,  ben  oltre il limite previsto dalle  0,5 miglia,  rivolge al timoniere Rusli  la richiesta delle opportune manovre per uscire rapidamente fuori da quella situazione.  Questi però, risponde con una serie di errori che anziché migliorare la condizione in cui la Concordia si trovava, determinavano un aggravamento. A fatti avvenuti, come sarà analizzato attraverso la verifica della scatola nera, del GPS, della registrazione vocale e della registrazione dei dati delle richieste di impostazione dei timoni e  dei relativi  posizionamenti  raggiunti, si  potrà costatare che il timoniere in quelle delicate circostanze ha commesso ben otto “errori” prima dell’impatto sulla secca delle Scole.  La  Concordia è ormai entrata in emergenza. Il timoniere però,  continua a “sbagliare” fino all’ultimo momento anche quando  avrebbe dovuto eseguire  l’ ultima  virata, ripetuta più volte da Schettino fino a gridarla qualche secondo prima dell’impatto; ma la virata che il  timoniere imposta  è quella contraria con i timoni a dritta anziché a sinistra come ordinato; manovra che se fosse stata eseguita correttamente,  avrebbe allontanato la nave dagli scogli sui quali ha invece, assurdamente colliso.   Un caso?  O più precisamente, otto  casi?  Otto, infatti, sono stati in quel breve tempo,  gli “errori” del timoniere.                                

“A bocce ferme”   –   Dopo il susseguirsi di  tali  circostanze  è anche consequenziale  ritenere  che  se lo staff  di comando avesse anche una sola volta, avvisato il proprio Comandante come avrebbe dovuto, che la Concordia era arrivata al limite fissato delle  0,5 miglia dalla costa, questa sarebbe transitata  davanti al porto del Giglio a quasi 1 km di distanza e ad oltre  100 metri di profondità.    Schettino di questi errori non sapeva,  né poteva immaginare la intenzione di Rusli;  ciò che vedeva era che la Concordia non rispondeva ai comandi,  per cui insisteva richiedendo virate con angolazioni crescenti fino all’estremo limite di “tutta barra”.                                                                                                                       

Concordia 5 A

Le ingenue parole di Schettino   –  Si ricorda a proposito le parole,  a dire il vero, piuttosto ingenue dello stesso Schettino nella citata intervista. “Nessuno mi ha avvisato quando quel limite è stato superato. Mi chiedo come si fa a non profferire parola, dubbio o incertezza quando è in gioco così tanto”.  Se ciò non fosse bastato a mettere il Comandante Schettino in estrema difficoltà quando lui stesso ha assunto il comando della Concordia,  si passa alla seconda fase, quella in cui interviene direttamente il timoniere a completare l’opera fino all’estremo. Non solo,  ma  se Rusli  avesse eseguito, come detto,  anche l’ ultima manovra, gridata più volte inutilmente da Schettino, in tal  caso a fronte della ricostruzione  tecnica-matematica dei tempi e della rotta, la Concordia sarebbe transitata a largo dello scoglio e nessuna tragedia  sarebbe   avvenuta.

L’ Italia culla del diritto   –  La domanda che sorge spontanea è per quale motivo tutto questo non è stato sufficientemente  evidenziato e valutato durante il processo di appello. Questo aspetto processuale  si evince dalla  sentenza  che ha invece ancora inasprito il  contenuto punitivo,  anche se al momento non sono ancora note le relative motivazioni.

La risposta che molte persone sono solite dare alle varie argomentazioni sulla più o meno colpevolezza del Comandante e che sembra poi, essere anche quella seguita dall’accusa e avallata dal Tribunale,   è  che non si può prescindere dal fatto che Schettino non doveva avventurarsi a quella distanza dal Giglio e che quindi per questa ragione viene ritenuto colpevole di tutto ciò che è avvenuto prima, durante e dopo la collisione.  Ma  a far superare alla Concordia il limite di 0,5 miglia dalla costa, non è stato Schettino ma coloro che non hanno eseguito l’ordine, omettendo  semplicemente di informare il comandante.

Concordia 6 A

      L’ ingiustizia non sta nella pena…    -Quando Schettino salì sul ponte per effettuare personalmente il passaggio davanti al porto del Giglio, era in compagnia di alcune persone  salite  per assistere allo spettacolo.  Erano  presenti in plancia in quella fredda e buia notte di inverno,  attendendo  con una certa immaginabile …… impazienza  il Comandante che si era attardato,  dopo aver cenato in compagnia: il Primo Ufficiale  Ambrosio, il Secondo Ufficiale Ursino e il Terzo Ufficiale Coronica, un allievo Ufficiale di Coperta,   oltre che a due o tre  altre persone  al di fuori del contesto di comando. Ognuno dei primi  avrebbe potuto riferire al comandante  notizie sulla distanza delle 0,5 miglia raggiunte dalla Concordia. In particolare l’ufficiale addetto al  radar, tenuto conto della necessaria maggiore vigilanza  notturna,  in special modo durante l’avvicinamento  alle coste del Giglio,  non può non aver visto ciò che invece, non ha riferito a Schettino. Ma nessuno di questi profferì parola.  A chi attribuire dunque,  la volontà  che la Concordia proseguisse oltre il limite di distanza delle 0,5 miglia dalla costa, impedendo di fatto dopo,  al comandante di riportare la nave al di fuori del trabocchetto?

         ..ma nella persona    –   Allo stato delle cose, è lecito chiederci  come sia stato possibile  confermare in Appello,  la condanna a 16 anni di reclusione,  a fronte di  un evento così traumatico come la tragedia della Concordia, prescindendo anche in questa sede,  dalla ricerca dei veri responsabili  e addossando invece, all’unico capro espiatorio e cioè Schettino,  una colpa che  sicuramente non ha.  Non ha e non può avere,  perché lui stesso è la 33ª vittima di questa tragedia, quasi sicuramente non voluta in questa misura da alcuno, ma di cui tuttavia,  le dimensioni assunte sono state la conseguenza  di volontà che sicuramente non comprendevano in alcun modo  quella del Comandante Schettino.

 

Alberto Zei

Alberto Zei

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