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Nato, Meloni firma l’accordo sul 5%: “Spese sostenibili, nessun euro verrà tolto a priorità Italia”

Intesa all'Aja ma la Spagna si sfila e Trump attacca Madrid. La partita dei dazi entra nel vivo, la premier: "Soglia del 10% non impattante"

Robert Von Sachsen Bellony by Robert Von Sachsen Bellony
26 Giugno 2025
in Politica
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Nato, Meloni firma l’accordo sul 5%: “Spese sostenibili, nessun euro verrà tolto a priorità Italia”
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Portare l’investimento annuo in difesa e sicurezza al 5% del Pil entro il 2035, concretizzando così uno dei più consistenti aumenti della spesa militare dalla fine della Guerra Fredda. È questo l’impegno sottoscritto all’Aja dai 32 Paesi membri della Nato, come chiesto – e ottenuto – dal presidente americano Donald Trump. Sotto il documento che sancisce questa svolta storica per l’Alleanza Atlantica, siglato nella città olandese, c’è anche la firma dell’Italia e della premier Giorgia Meloni, che legge l’esito del summit come un segnale di “compattezza” dell’Alleanza e della sua volontà di “rafforzarsi”.

Non sono mancate, tuttavia, tensioni tra i partner sull’opportunità di aumentare gli sforzi in materia di difesa. La Spagna di Pedro Sánchez si è inizialmente opposta, incassando una dura reprimenda da parte di Trump, che ha definito “terribile” la posizione di Madrid e ha minacciato ritorsioni, sotto forma di raddoppio dei dazi. Alla fine, però, come ha ricordato Meloni, anche il governo spagnolo ha dato il via libera alla dichiarazione finale. “La stessa che abbiamo firmato noi. E non mi pare di aver sentito nell’intervento di nessuno questa mattina, in assemblea, dei toni polemici o dei distinguo”, ha fatto notare la premier, replicando alle opposizioni – in particolare a Elly Schlein – che la sollecitavano a seguire l’esempio iberico.

“L’Italia farà la sua parte”

A margine del vertice, Meloni ha tracciato un bilancio dell’incontro, confermando che l’Italia farà la sua parte sull’aumento delle spese militari. Il 5% del Pil che i Paesi si impegnano a raggiungere in dieci anni è composto da un 3,5% per la difesa in senso stretto e da un 1,5% destinato, tra le altre cose, alla protezione delle infrastrutture critiche, alla sicurezza delle reti, alla “resilienza civile” e al rafforzamento della base industriale del comparto difesa. Nel 2029 è previsto un punto di verifica di questo accordo.

La premier ha voluto però sottolineare come lo sforzo sia compatibile con i conti pubblici: “Non distoglieremo neanche un euro dalle altre priorità del governo a difesa e a tutela degli italiani”. Un messaggio rivolto non solo alle opposizioni, ma anche a chi, all’interno della maggioranza, come il leghista Alberto Bagnai, ha definito irrealistico il traguardo del 5%. “Io vengo qui con una risoluzione votata da tutta la maggioranza: è una decisione che noi abbiamo preso con cognizione di causa, facendo le nostre valutazioni, col ministro dell’Economia”, ha ribadito Meloni, aggiungendo che sulle spese “ci sarà una flessibilità totale”.

No allo scostamento di bilancio

Sull’ipotesi di uno scostamento di bilancio, Meloni ha chiarito che per il 2026 “non riteniamo che ci serva utilizzare la ‘escape clause'”, sottolineando poi le potenzialità degli investimenti nella difesa anche in termini di crescita economica e occupazione: “Una parte importante di queste risorse, se noi siamo bravi, viene utilizzata per rafforzare le imprese italiane. È un circolo virtuoso, se lo sappiamo utilizzare bene“. Poi, un richiamo al senso di responsabilità: “Io sono una persona molto responsabile e a differenza di altri non mi prendo impegni che scarico. Queste scelte le facciamo perché servono alla nostra autonomia e alla nostra sovranità”. Quanto al futuro della difesa europea – “il sogno di De Gasperi e Berlusconi”, come ricordato da Antonio Tajani – Meloni ha ribadito la sua linea contraria: “Se parlassimo di una difesa europea, sarebbe una duplicazione. Quello che dobbiamo fare è rafforzare il sistema Nato con una colonna europea della Nato”.

Sul fronte internazionale, la presidente del Consiglio ha espresso soddisfazione per il cessate il fuoco raggiunto tra Israele e Iran, auspicando che si possa replicare lo stesso risultato anche in altri teatri di crisi. “Serve la stessa determinazione per raggiungere altri due importanti cessate il fuoco: uno in Ucraina, dove la Russia sembra non voler fare passi in avanti, tutt’altro; e a Gaza, dove la situazione è insostenibile”. “Penso che tutti quanti”, compreso Trump, “si rendano conto sia del fatto che è necessario il cessate il fuoco a Gaza, sia del fatto che oggi è più facile ottenerlo”, ha aggiunto, ricordando l’impegno italiano sul fronte diplomatico.

Difesa e dazi due facce della stessa medaglia

Meloni ha affrontato anche il nodo dei dazi imposti dagli Stati Uniti sulle merci europee, evidenziando come – a suo avviso – la questione sia strettamente legata agli impegni comuni sulla difesa. Un tema delicato, discusso direttamente con Donald Trump durante la cena ufficiale offerta dai reali olandesi, dove la premier era seduta proprio accanto al tycoon, e poi rilanciato anche nel suo intervento in plenaria: “La maggiore integrazione e forza della nostra Alleanza Atlantica e una maggiore integrazione tra le nostre economie sono due facce della stessa medaglia, sono due cose che devono camminare insieme”.

Meloni si è detta “abbastanza ottimista” sulla possibilità di trovare un’intesa sulle tariffe. Alla domanda sullo stato della trattativa tra Ue e Casa Bianca ha risposto con un termine anglosassone: “Ongoing”, la discussione va avanti. E ha aperto a un compromesso sulla soglia del 10%: “Io sono abbastanza d’accordo, perché non penso che la misura del 10% sia per noi particolarmente impattante”. Una posizione condivisa anche da Tajani. Ora, però, la sfida sarà armonizzare gli investimenti nella difesa con i vincoli europei. Un punto sollevato dalla stessa Meloni, e rilanciato dal premier ungherese Viktor Orbán: “Se teniamo le regole così, nessuno nella Ue può raggiungere il 5% del Pil”, ha messo in guardia il primo ministro magiaro.

I nodi sul tavolo del Consiglio europeo

La questione sarà oggi sul tavolo del Consiglio europeo che si apre a Bruxelles a conclusione di una delle settimane più dense per la politica internazionale da inizio anno. Cruciale, ancora una volta, l’Ucraina: tema al centro anche della riunione che ha visto seduti attorno allo stesso tavolo, accanto a Meloni, i leader di Francia, Germania, Regno Unito, Polonia, il segretario generale della Nato Mark Rutte e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Un confronto che – come si legge in una nota di Palazzo Chigi – “ha permesso di approfondire gli sforzi in corso e il sostegno all’azione degli Stati Uniti a favore del cessate il fuoco per un percorso negoziale che conduca ad una pace giusta e duratura in Ucraina”. I leader hanno inoltre condiviso l’esigenza di “mantenere la pressione sulla Russia” attraverso un nuovo pacchetto di sanzioni.

Robert Von Sachsen Bellony

Robert Von Sachsen Bellony

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