Nell’Occidente del 2025 si osserva un fenomeno che non è più marginale né episodico: il ruolo dell’uomo nella società appare sempre più ridimensionato, quando non apertamente delegittimato. Non si tratta soltanto di una “crisi della mascolinità” come molte analisi degli ultimi decenni hanno sottolineato, ma di un vero e proprio spostamento strutturale che coinvolge simboli, istituzioni e rapporti sociali.
L’uomo senza funzione
Storicamente, l’uomo è stato associato a valori come la protezione, la responsabilità pubblica, l’eroismo e la capacità di sacrificio. Figure che non significavano soltanto forza fisica, ma anche orientamento verso l’esterno, capacità di rischiare per il bene comune e di assumere su di sé il peso della decisione. La cultura contemporanea, invece, ha progressivamente dissolto questa funzione, presentando l’uomo come residuo ingombrante di una storia da dimenticare: patriarcato, guerra, dominio.
In questa lettura, ciò che per secoli era stato ritenuto fondamento dell’ordine sociale è diventato colpa ereditaria. L’uomo, da protagonista, si è trasformato in figura sospetta, da correggere o marginalizzare.
Il mito della ginecocrazia
Al posto di questa presenza maschile, non è emerso un autentico equilibrio tra i sessi, ma un mito rovesciato: quello della ginecocrazia. Una società che esalta il femminile come unico paradigma valido, attribuendogli un potere simbolico e normativo pressoché assoluto. Tuttavia, non si tratta della celebrazione della forza generativa e materna della donna, bensì di una sua caricatura ideologica: una femminilità che, svuotata della sua radice naturale, viene usata come strumento di potere e come retorica di superiorità morale.
Il risultato è un femminile trasformato in maschera di controllo sociale: più giudicante che accogliente, più normativo che generativo.
La promiscuità digitale
Un aspetto emblematico di questa trasformazione è la nuova cultura della promiscuità femminile favorita dai social network. Le piattaforme digitali hanno reso normale per molte donne intrattenere simultaneamente centinaia, talvolta migliaia, di contatti maschili: una sovraesposizione senza precedenti nella storia. Mai, in nessuna epoca, la femminilità era stata posta al centro di un tale mercato di attenzioni, dove l’immagine diventa moneta e la relazione è sostituita dal contatto effimero.
Esporsi costantemente, mostrarsi, accumulare “like” e interazioni non è un gesto innocuo, ma una sovversione dei valori naturali della discrezione, della riservatezza e della sacralità del corpo. Questa promiscuità digitale disgrega i legami autentici, alimenta l’egotismo e distrugge ogni forma di intimità stabile.
Una società senza eroismo
La conseguenza di questo squilibrio è una società che rinuncia a una delle sue dimensioni vitali: l’eroismo. Non l’eroismo retorico o bellicoso, ma quello che si manifesta nel coraggio di affrontare rischi, nell’assumersi responsabilità, nel difendere ciò che merita di essere difeso. Quando il maschile viene delegittimato e il femminile diventa ideologia, l’eroismo non trova più spazio: resta solo la gestione tecnica della vita, il controllo delle emozioni, la sopravvivenza amministrata.
In un simile scenario, le nuove generazioni crescono senza modelli maschili forti e senza una vera dialettica tra i sessi. La complementarità, che per millenni è stata motore della storia e della cultura, viene sostituita da un conflitto silenzioso in cui l’uomo abdica e la donna viene esaltata in forma astratta, perdendo però la propria autenticità.
Un futuro fragile
Questa dinamica produce una società fragile, perché privata del suo equilibrio antropologico. Senza un incontro reale tra maschile e femminile, non vi è possibilità di costruzione duratura. La marginalizzazione dell’uomo e la trasformazione del femminile in strumento di potere non rafforzano la convivenza, ma la rendono instabile.
L’Occidente del 2025, nel proclamare l’inutilità del maschile e l’onnipotenza del femminile, sembra così costruire un mondo senza radici, senza eroi, senza gloria. Un mondo dove il futuro non è progettato ma semplicemente amministrato, e dove la natura stessa della differenza sessuale, fonte di vita e di senso, viene progressivamente cancellato.



















