Oggi, 4 maggio, il sole romano, dopo aver accarezzato con un velo di rosa antico gli studi d’artista e le facciate ornate di glicini, si è ritirato lentamente tra le nubi, quasi volesse congedarsi in silenzio da via Margutta. Si è così conclusa la mostra che, in questi giorni, ha animato la storica “via degli artisti” con un intenso intreccio di creatività e passione, lasciando dietro di sé un’eco di bellezza sommessa, una scia di ricordi sospesi tra luce e sentimento. Chi ha passeggiato in questi giorni tra i dipinti, avrà forse indugiato davanti a tratti ora lievi, ora decisi, ora impalpabili come il ricordo di un sogno. Molti avranno colto, le forme sinuose, storie d’amore appena sussurrate, promesse leggere come veli, e la malinconia struggente di un addio riflessa in una sfumatura crepuscolare. Nel corso della esposizione si è potuto anche ammirare la creatività semiotica , la semantica di ingranaggi allegorici dell’itelligenza artificiale che afferravano l’osservatore per condurlo alla luce del significato. Ma anche l’arte, nella sua forma più intima, ci ha ricordato il potere di un gesto gentile, la profondità di uno sguardo, il momento fuggente di un occasione perduta.
Le evocazioni del vissuto – Ora che le luci si attenuano e le ombre si allungano, Via Margutta ritrova il suo respiro silenzioso, custodendo i segreti di queste giornate intense. Nel congedarsi, la mostra lascia in ciascuno un sussurro personale, un richiamo di ricordi evocati da quel lungo filare di opere esposte: un sentimento lieve eppure struggente, simile a ciò che si prova ascoltando una vecchia canzone che risveglia, inattesa, l’eco di un tempo felice. Forse, tra quelle opere, c’era un colore che ricordava i suoi occhi, una forma che evocava un suo gesto, un’atmosfera che riportava alla mente un pomeriggio romano ormai lontano. La mostra, nella sua delicata bellezza, ha saputo risvegliare corde profonde, riportando alla luce frammenti di vita sentimentale, non con dolore, ma con quella dolce nostalgia che rende vivo ciò che è stato. La folla, nei giorni della manifestazione, si è soffermata di box in box — per curiosità, interesse artistico o desiderio d’investimento — riscontrando talvolta una risonanza inattesa, un riflesso interiore nelle immagini proposte. Così, Via Margutta non saluta soltanto un evento, ma si fa scrigno di quei segreti intimi che l’arte ha saputo risvegliare: note che vibrano ancora nell’anima di chi ricorda. Un’emozione che si confonde col respiro stesso della Via, un sospiro che ricorda la fugacità della bellezza e la tenacia dei sentimenti.
Un talento tra i talenti – Non occorre ripetere quanto sia stata imperdibile questa manifestazione: molto è già stato detto. Ma merita però menzionare una scoperta, fatta in un box lungo la via che celebra l’estro artistico dei “Cento pittori di via Margutta”. Fra questi, Franco Dore, pittore di raro talento, premiato con il primo posto in una competizione pittorica internazionale sui tema dei colori e che lui ha eseguito con una composizione di sfere cristalline, iridescenti e semitrasparenti, capaci di rifrangere la luce con una magia ipnotica. Molti l’hanno ammirata senza saperlo, poiché quell’opera è diventata ora un’icona globale, riprodotta sulle note scatole da 12 pastelli secchi, selezione Franco Dore, dell’ importante casa di prodotti artistici francese Sennelier, conosciuta in tutto il mondo. Con uno sguardo attento alla foto del suo box qui a margine, basta a comprendere la forza espressiva e la raffinata sensibilità di questo artista.
La forza del pensiero evocativo – Stasera sul palcoscenico artistico di questa magica via , cala il sipario, lasciando dietro di sé la quiete ovattata di un ricordo nostalgico di un sognatore solitario, , che ha forse indugiato un istante in più davanti a una tela, catturando un’ultima scintilla di bellezza, un’ultima suggestione. Quale richiamo più efficace alla memoria collettiva, rappresentata questo sognatore, se non immaginarsi la chiusura della mostra accompagnata dalla canzone Un uomo in frack di Domenico Modugno?
Un modo capace di condensare un’atmosfera di sospensione e distacco. Quest’ultima immagine — sonora e mentale — racchiude il senso di un congedo discreto, trattenuto, da una osservazione estetica intensa, vissuta lungo una storica via romana che ha ospitato, per qualche giorno, il confronto silenzioso tra lo spettatore e l’opera. Nel momento in cui le luci si spengono e i visitatori si allontanano, Via Margutta conserva la traccia di ciò che non si dice ma si percepisce: l’emozione che si manifesta nell’intervallo tra visione e ricordo. La malinconia del sipario che cala si lega naturalmente alle parole della canzone — quell’ultima carrozza che nella notte “cigolando se ne va” — lasciando, più che nostalgia, la consapevolezza di una bellezza che, pur cessando di mostrarsi, continua a operare nel pensiero di chi ha saputo osservare.