(DIRE)- “Non è possibile immaginare che il 31 dicembre, al termine della proroga dei provvedimenti straordinari adottati per l’emergenza Covid, circa 700 persone che da due anni sono fuori dal carcere per licenze straordinarie svolte senza incorrere in alcuna infrazione, né penale né disciplinare, tornino a dormire in carcere come prevede il loro status di semiliberi”. Lo ha detto Stefano Anastasia, filosofo e sociologo del Diritto, portavoce dei Garanti dei Detenuti di tutta Italia, nel corso dell’evento ‘Dignità e reinserimento sociale, quali carceri dopo l’emergenza?’ organizzato dalla Conferenza dei Garanti delle persone private della libertà e dalla Conferenza nazionale del volontariato della Giustizia presso la Città Metropolitana di Roma.
Anastasia, in questo senso, ha chiesto al Parlamento un “atto di giustizia. Vedete voi come, ma è inimmaginabile che queste persone, che hanno dato la migliore prova di correttezza e affidabilità, in libertà per due anni, subiscano una regressione nel loro percorso di reinserimento e tornino a dormire in carcere come se nulla fosse. In cella, si è pagato più del dovuto il debito con la Giustizia. Tra i mille ristori che la comunità nazionale ha dovuto riconoscere a categorie economiche e gruppi sociali, non è possibile che non si riconosca che la detenzione in pandemia è stata enormemente più dura di quanto non sia normalmente. Questa maggiore sofferenza va riconosciuta con equità dalle istituzioni“. Lo ha detto – ancora – Stefano Anastasia, nel corso dell’evento presso la Città Metropolitana di Roma.
“Da un anno a questa parte diciamo ‘un giorno di liberazione anticipata speciale per ogni giorno passato in pandemia’- ha aggiunto Anastasia – In Parlamento ci sono proposte per tornare alla liberazione anticipata speciale già sperimentata ai tempi della condanna europea per sovraffollamento. Sarà l’una, sarà l’altra, o una via di mezzo tra le due, ma non si può non riconoscere che circostanze eccezionali hanno costretto decine di migliaia di persone a pagare più del dovuto il loro debito nei confronti della giustizia. E la giustizia, se vuole essere tale, deve essere capace di riconoscerlo”.
Ancora, sempre Anastasia: “Il futuro del carcere è nelle proposte di revisione della legislazione sulle droghe, di riconoscimento delle relazioni affettive e sessuali delle persone detenute, di alternative al carcere per i le madri e i padri dei bambini e delle bambine. E` importante che su queste questioni il Parlamento arrivi ad esprimersi e a completare percorsi legislativi che corrispondono ad orientamenti consolidati nella gran parte dei paesi europei con cui ci confrontiamo. Bisogna dunque ripensare la fisionomia dell`offerta trattamentale delle singole carceri in modo da valorizzarne le pur scarse risorse umane e materiali disponibili e da garantire territorialità della pena e adeguata ospitalità alle persone detenute, ciascuna di esse meritevole di un`offerta di opportunità per il reinserimento sociale, come ci ricorda il Presidente della Repubblica- ha spiegato Anastasia- per raccogliere le sfide che la pandemia ha portato al sistema penitenziario servono mezzi e strumenti, che non sono spazi, sezioni, padiglioni o istituti da riempire di altra detenzione sociale, ma persone, competenze ed esperienze da valorizzare nelle amministrazioni della Giustizia (tribunali, esecuzione penale esterna e carceri), ma anche nella Sanità, nei servizi sociali o in quelli di istruzione. Senza personale adeguato, qualificato e gratificato il carcere sarà sempre destinato a riprodurre il suo destino di discarica sociale”.
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