“La Pasqua cristiana celebra la risurrezione di Gesù”, il padre di tutti gli eletti, ma non tutti sono eletti. La resurrezione è il simbolo della redenzione dei peccati che l’umanità non è più condannata dalla legge ed è libera dai vincoli di norme e decreti. Ma non quella di coloro che maltrattano il prossimo, gravissimo quando si tratta di un congiunto, della madre, del figlio.
“La Pasqua ebraica, è oggi un’occasione per celebrare la liberazione dalla schiavitù, la resistenza sotto il dominio egiziano”, ma della liberazione dei bambini allontanati dalla famiglia per fini abietti non si parla.
Neppure nel giorno di Pasqua non cambia l’atroce condizione che vivono genitori e figli finiti nell’inferno del sistema della giustizia minorile, dei cosiddetti affidi illeciti, anzi l’attesa di una fugace immagine del proprio figlio o figlia, di ascoltare la sua voce per sentire “buona Pasqua”, una parola pronunciata con dolcezza ed amore, potrebbe essere vanificata. La crudeltà che impone la regola confligge con l’istinto del sentimento, l’emozione dell’amore soffocata dal freddo risultato del vantaggio economico, dal risultato dell’ordine imposto nel segno della cancellazione dei diritti, del diritto naturale alla vita, all’unione della madre con figlio al quale ha dato i natali.
I figli lontani dai genitori vivono l’attesa, l’attesa di un contatto, una semplice telefonata. Uno squillo che rompa il silenzio della speranza, la verifica di un messaggio non letto o di un messaggio inviato per sollecitare un permesso non pronunciato, negato.
Un genitore che aspetta che al figlio possa essere concesso di chiamarlo. Scrive email, supplica per cosa? Per cosa? Per sentire suo figlio, il frutto benedetto del suo grembo, una condizione di vita non ammissibile. Le riposte sono negate per infliggere altro dolore, devi soffrire e non comprendi la ragione, anzi la comprendi, ma non hai soluzione.
Cos’è la Pasqua, che significato ha? Un significato che per quelli votati all’istigazione all’odio, al disprezzo verso il prossimo, non dovrebbe avere valore, ma fingono, fingono di essere devoti alle parole di Gesù che li ha liberati dal peccato. E’ gente lontana dal cuore, non degna di appartenere alla natura umana.
Il genitore violento, madre o padre che sia è la disgrazia più grande.
Infrange il bene della serenità, alimenta la conflittualità, genera la paura, appaga una insana sete di vendetta senza alcun apparente motivo. E’ il segno di una follia indistinta difficile da fronteggiare.
Come ogni ricorrenza, ogni festività, come ogni evento che dovrebbe essere ricordato per momenti di grazia, di serenità tra persone, gesti di affetto, confidenze, e scambio di doni, viene negato dal genitore violento, che ha deciso di tradire la parola del Signore, la festa del Cristianesimo.
E’ questa la serenità che desidero per mio figlio/a, è questa la vita piena di restrizioni che voglio per lei/lui, è giusto privarlo/a del genitore amorevole ? Certo che si, risponde il violento o la violenta, ho ottenuto ciò che volevo, mi sento terribilmente appagato.
Ma questo genitore non era quello che ha chiesto l’allontanamento del proprio figlio dall’altro genitore, non era quello che invocava la bigenitorialità, non era quello che accusava l’altro genitore di impedirgli di vedere il proprio figlio? Certo che sì, ma la legge non era uguale per tutti? No, la legge, a volte, si applica ad personam.
Pasqua o non Pasqua le giornate sono sempre piene di maltrattamenti, privazioni, terrore.
Se ogni giorno non ha senso quando non si ha vicino il proprio figlio, ancor di più la sofferenza aumenta durante le festività, Natale, Pasqua e ricorrenze varie. Bambini, uomini e donne, sole, ammalati, ricordiamoci di loro ogni giorno.
Sono queste come tante le giornate, le giornate-tortura, che continuano a “celebrarsi” nel nostro Paese”, come le commemorazioni dei femminicidi, con il sottofondo delle istituzioni che ci raccontano che lo Stato c’è e che ogni cittadino non verrà lasciato solo.
E’ Pasqua anche per loro, compiacciamoli.
Urbi et Orbi (alla città di Roma ed al mondo), direi alla città e ai bambini.
Di Giada Giunti