Nel cuore di Monte Sacro, uno dei quartieri più popolosi e storicamente identitari di Roma, esiste un’area che da mesi rappresenta un simbolo inquietante dell’incuria e dell’abbandono amministrativo: il tratto angolare di terreno all’incrocio con Viale Karl Marx. Un luogo che avrebbe dovuto essere bonificato e restituito alla cittadinanza, è invece diventato l’esatto contrario: un concentrato di degrado, odori sempre più penetranti, rischio igienico-sanitario e indignazione pubblica.
Dopo un primo intervento con abbattimento di solide recinzioni è stato eseguito lo sfalcio dell’erba alta e taglio parziale di numerosi arbusti, poi il cantiere si è misteriosamente fermato. Nessuna recinzione né definitiva né provvisoria , nessuna piantumazione, nessuna idea urbanistica. Solo un campo incolto, lasciato a se stesso, dove si accalcano rifiuti, si annidano animali infestanti, si consumano atti incivili. La vegetazione è ricresciuta disordinata, i numerosissimi cassonetti prontamente là trasferiti, sono circondati da immondizia; un odore penetrante aleggia nell’aria, fin dentro le finestre delle abitazioni circostanti. Il punto non è solo il degrado, ma il principio violato: la ditta è stata pagata, ma i lavori non sono stati completati.
Il doppio pagamento – Il Comune, che ha erogato fondi pubblici, cioè soldi dei cittadini, non ha vigilato, non ha preteso il completamento dell’opera, non ha imposto clausole di collaudo e verifica. La responsabilità, in assenza di trasparenza, non può che ricadere su chi ha gestito il cantiere, su chi ha approvato i pagamenti, su chi ha voltato lo sguardo altrove. E il risultato? Si guardi le due immagini del “prima” e del del “dopo”. Quello è il risultato, per non dire lo scempio. Il danno non è soltanto visivo o olfattivo. È amministrativo ed economico ambientale e sociale. La ditta incaricata, con ogni probabilità, è stata regolarmente pagata per un intervento lasciato però, incompiuto. Il Comune da parte sua, ha colpevolmente omesso ogni forma di vigilanza e controllo, mancando di verificare l’effettiva esecuzione dei lavori e l’esistenza di clausole che imponessero il completamento e il collaudo dell’intervento. Chi ha autorizzato? Chi ha pagato? Chi ha controllato? Le risposte restano sospese, e nel frattempo i cittadini continuano a pagare due volte: prima con le proprie tasse, poi con la quotidiana convivenza forzata col degrado.
Proposta costruttiva – Eppure, da questo scenario sconfortante può nascere un’opportunità concreta, ispirata al buon senso e all’interesse collettivo. Perché non trasformare quell’area da spesa improduttiva a risorsa viva della città? Si propone infatti, in modo del tutto realistico e sostenibile, di destinare parte del terreno , sotto la futura ombra degli alberi rimanenti, all’insediamento di una struttura prefabbricata leggera, adibita ad attività bar-ristorativa a uso pubblico, seguendo il modello delle concessioni già esistenti in zona per fiorai, chioschi e vivaisti. Un intervento a impatto urbanistico nullo ma ad alto valore sociale, capace di offrire un servizio utile, presidiare il territorio, restituire decoro e sicurezza a un’area dimenticata.
Incontro alla gente – In questo caso la cittadinanza ne trarrebbe un beneficio diretto in termini di comfort, fruibilità e vivibilità, mentre il Comune potrebbe attivare una concessione onerosa, capace nel tempo di recuperare le spese già affrontate e purtroppo disperse. I lavori incompiuti e abbandonati, anziché restare l’ennesima testimonianza di inefficienza, potrebbero diventare il punto di partenza per una riqualificazione di quartiere concreta ed efficace: una piccola area ristoro con sedie all’aperto, integrata nel verde, sobria e dignitosa, finalmente restituita alla cittadinanza. In tal modo, Viale Marx smetterebbe di rappresentare l’ennesimo emblema dello spreco urbano, per diventare un esempio virtuoso di recupero intelligente del territorio, dove l’Amministrazione pubblica dimostra di saper ascoltare i cittadini, correggere e ricostruire.