Sempre più spesso viene portata alla nostra attenzione la questione delle tasse di scopo.In pratica è l’occasione per gli enti locali di imporre tasse per la realizzazione di determinate opere.L’esperienza di abusi, malversazioni, cattedrali nel deserto, opere incompiute, corruzione e concussione dovrebbero imporre la massima attenzione.
Dovremmo, quindi, aprire il dibattito su questo argomento che può essere un forte momento di sviluppo per le nostre comunità locali ma altrettanto si può trasformare in una meccanismo perverso di involuzione ed impoverimento.
Ci permettiamo, allora, sei osservazione che, lungi dall’esaurire l’argomento, possano avviare un dibattito, ci auguriamo, il più proficuo possibile.
L’ennesimo meccanismo di prelievo dovrebbe assicurare i contribuenti che i soldi richiesti vengano effettivamente spesi nelle modalità e per gli obbiettivi dichiarati al momento della richiesta e se questo non dovesse avvenire in qualche modo il cittadino dovrebbe recuperare il versato e coloro che hanno richiesto il denaro devono assumersi la responsabilità non solo politica ma anche amministrativa per il danno che la loro cattiva gestione ha provocato al cittadino.
La prima osservazione è che le tasse di scopo devono essere legate ad opere di capitale fisso sociale (strade, ponti, acquedotti, aeroporti, porti, etc.) non alla gestione dell’esistente. La gestione dell’esistente deve trovare conforto all’interno della corrente pressione fiscale. Le tasse di scopo sono soldi richiesti per investimenti materiali plurigenerazionali, esse non hanno carattere di stabilità ma di eccezionalità in quanto legate alla specifica realizzazione di un’opera.
La seconda osservazione è che le tasse di scopo dovrebbero essere legate ad opere di capitale fisso sociale realizzate in regime di project financing. Il meccanismo del project financing lega la realizzazione delle opere alla loro gestione/manutenzione così da evitare le situazioni in cui vengono realizzate le opere ma poi non vengono messe in funzione perché non ci sono i soldi per gestirle, ad esempio si potrebbe pensare ad un meccanismo in cui il 50,00% del costo dell’opera viene coperto con le tasse di scopo e l’altro 50,00% viene coperto dall’imprenditore/gestore.
La terza osservazione è che le tasse di scopo devono essere messe per opere già deliberate ed appaltate; si dovrebbe impedire la richiesta di denaro su progetti ancora da approvare come anche solo su progetti e successivamente alla riscossione evitare così impossibili gli storni di capitolo.
La quarta osservazione riguarda la limitazione sia sulla quantità che sull’ammontare delle tasse di scopo. La libertà degli enti locali deve trovare, naturalmente, dei limiti che possono essere temporali (ad esempio si possono mettere tasse di scopo ogni 5 o 10 anni) e riguardanti il valore ad esempio parametrizzarle a degli indici.
La quinta osservazione che se le opere non vengono compiute la tassa di scopo si trasforma in credito di imposta immediatamente esigibile per i cittadini che hanno effettuato il versamento.
La sesta osservazione riguarda la responsabilità degli amministratori che hanno richiesto le tasse di scopo per opere che non vengono realizzate in toto o in parte. La responsabilità politica non è sufficiente in quanto chiedere i soldi ai cittadini e non realizzare l’opera proposta genera un vero e proprio danno economico quindi si dovrebbero pensare a multe in capo ai soggetti proponenti al fine di tutelare l’interesse pubblico alla realizzazione delle opere.
Ci sembrano proposte di buon senso a tutela dei cittadini e dei loro soldi.
Nella speranza che la tassa di scopo sia un’occasione di buon governo siamo, naturalmente, disponibili a pubblicare su questo giornale qualsiasi contributo
Daniela Paties Montagner