Roma – A quanto pare non basta dover fare i conti ogni giorno con la difficoltà di trovare un lavoro, ma bisogna anche imparare a difendersi da chi, senza vergogna e senza ritegno, sfrutta l’inesperienza, le speranze e il bisogno di certezze dei giovani neo-laureati. Sono tantissimi i ragazzi in cerca di lavoro che si lasciano sedurre dal canto delle sirene di società o aziende in cerca di adepti da plasmare e spremere in vista del risultato, magari caricandoli prima, come fossero dei giocattoli a molla. Cristina Bianco sa bene come funziona questo grottesco gioco di condizionamento mentale e ha deciso di denunciarne il potere con questa intervista.
Cristina ha 32 anni, è nata a Salerno ed è un’ex studentessa fuori sede venuta a Roma alla fine del ‘98 a studiare Scienze della Comunicazione. Laureatasi col vecchio ordinamento, si è iscritta all’odg nel 2008.
-Quindi, almeno all’inizio, il tuo obiettivo era lavorare nel campo delle comunicazioni?Che cosa è successo?-
“Ho lavorato 2 anni, a titolo gratuito, in una tv locale di Salerno, ho scritto per un periodico e per un quotidiano della Basilicata. In questi anni ho toccato con mano l’assurdità del sistema lavorativo nel campo della comunicazione soprattutto per chi si accinge a intraprendere una carriera giornalistica.
Dalla fine dell’università in poi ho provato a cercare lavoro con scarsi risultati, all’inizio; poi sono stata assunta da una società per un anno e mezzo: sono subentrata per una sostituzione maternità ma lì stavo bene, avevo tutte le tutele con ferie e malattie pagate, e mi sentivo realizzata e tranquilla.
Poi, però, ho ricominciato a cercare lavoro, sempre incontrando molte difficoltà, anche perché, in questo panorama economico la mia formazione umanistica non è che aiuti molto.
Alla fine, tra i tanti annunci trovati su infojob ai quali ho risposto, mi hanno chiamato questi signori di una nota società proponendomi un lavoro come promoter; siccome non riuscivo a trovare nulla di meglio, ho accettato e il 23 marzo ho cominciato a lavorare.”
-Cosa è successo dopo che ti hanno chiamata?-
“La società mi ha fatto un mandato di vendita, pur non avendo io partita iva non essendo un’azienda, con clausole illeggibili. Ho fatto prima un colloquio conoscitivo, nel quale mi hanno detto che le doti indispensabili per essere incaricati erano una grande ambizione e una propensione a raggiungere sempre i risultati. Il giorno dopo ho fatto una giornata di ‘osservazione’, fiancheggiata da una responsabile, e ho firmato anche il contratto, che è stato anche compilato con la data sbagliata, e del quale non mi è stata neanche rilasciata una copia firmata da loro.”
-Cosa ti veniva richiesto di fare?Cioè, in cosa consisteva il tuo lavoro?-
“L’orario andava dalle 9.00 alle 20.30. In alternativa si poteva scegliere un part time, che garantiva una maggiore elasticità sulle pause che ognuno di noi poteva prendere, però, comunque, era nostro interesse stare quanto più possibile nello stand perché ci pagavano a provvigioni, ossia: 650 euro al mese fisse se riuscivamo a chiudere 30 contratti, altrimenti il guadagno variava dai 5 ai 10 euro per ogni provvigione.”
-Quindi più lavoravate, più potevate guadagnare!Cosa accadeva in ufficio?-
“Alle 9.00 musica da discoteca a palla e tutti che ballavano per caricare al massimo le persone. Il direttore raccontava delle storie motivazionali dicendoci che nessuno di noi ha limiti e che dovevamo lavorare per raggiungere i nostri obiettivi. Ogni giorno sentivo soltanto questa parola, ‘obiettivo’. Tutto si basava su quello. Essere persuasivi a tutti i costi. Cosa desideri? Vuoi una macchina? Immaginala, descrivimela, ora tu devi lavorare per quest’obiettivo, perché ricordati, non esistono sogni, ma obiettivi.”
-E questa cosa ha mai funzionato per qualcuno?-
“Secondo me il condizionamento emotivo funziona tantissimo sui giovanissimi che non hanno esperienza nè di lavoro nè di studio. Io ho chiuso l’esperienza perché vedevo che non raggiungevo risultati, non facevo contratti a sufficienza per raggiungere il ‘fisso’. Inoltre dopo tre settimane e 8 contratti chiusi, non ho ancora visto i soldi delle provvigioni.”
-Dopo la fine di un’esperienza del genere, caratterizzata da una forte carica motivazionale, è possibile che ci siano dei risvolti depressivi per chi alla fine non riesce a raggiungere l’ ‘obiettivo’?- “Si, ma non in me! Forse perché io non ci ho mai creduto perchè sono già grandicella. Ma, in ogni caso, sono contenta di non aver avuto altre esperienze come questa.”
-Adesso cosa pensi di fare?-
“Ora sono alla ricerca di un nuovo lavoro. Io divido l’appartamento con 2 persone, ho una camera. Se non avessi una famiglia alle spalle sarei in seria difficoltà. Finchè lavoravo nell’ufficio acquisti di una società con contratto a norma mi sentivo al sicuro. Ora vorrei solo trovare un lavoro con tutti i diritti di cui ho bisogno. Tutte le tutele che mancano oggi. Io ho cercato anche di propormi come commessa, ma sono fuori mercato vista l’età. Io me ne andrei anche subito dall’Italia, qualcosa devo fare, ma trovo che sia un’ingiustizia non potersi costruire un futuro nella propria città.”
-E’ proprio vero!Grazie Cristina e in bocca al lupo, te la meriti un po’ di fortuna!-
Alessia Forgione