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Ulteriori approfondimenti sul caso Concordia. PRELIMINARI DELL’ IMPATTO LA CHIAVE DELLA TRAGEDIA

Alberto Zei by Alberto Zei
15 Settembre 2012
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Ulteriori approfondimenti  sul caso Concordia. PRELIMINARI DELL’ IMPATTO  LA CHIAVE DELLA TRAGEDIA
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Di Alberto Zei /
Quando i pezzi mancanti del complesso mosaico del caso Schettino vengono pian piano aggiunti al quadro della situazione, allora le varie situazioni di bordo, i fatti, gli eventi e i vari personaggi che hanno caratterizzato la tragedia si delineano in modo sempre più chiaro. In questo senso, avendo acquisito nuovi elementi con i grafici ricavati dalla scatola nera che riportano la posizione della nave nei pressi del Giglio, si aggiungono altri particolari delle responsabilità e dei ruoli che i protagonisti hanno svolto in quella tragica notte.
Un punto essenziale
Nel riconsiderare sin dall’ inizio le vicissitudini che hanno fatto da contorno all’ impatto della Concordia sulle taglienti sporgenze laterali di una secca nei pressi del porto del Giglio, si vogliono qui, porre nella giusta evidenza i preliminari della assunzione diretta di comando manuale del timone da parte dello stesso Schettino.
La prima condizione che appare poco plausibile durante l’accostata della nave verso terra, è quella che il personale di bordo addetto alla navigazione, si distingue per la completa astrazione dei ruoli predefiniti che questi dovevano assumere ma che sorprendentemente da come si sono svolti i fatti, è sembrato che non riguardassero loro.

La rotta strumentale assunta dalla Concordia
L’ accesso della Concordia nello spazio di mare antistante l’ isola del Giglio per raggiungere i 927 metri dalla costa, avviene in linea quasi verticale per risalire con uno stretto angolo al fine di proseguire poi, parallelamente davanti alla cittadina.
Queste condizioni di avvicinamento con le quali la nave doveva raggiungere l’ isola prevedevano, a causa della stessa elevata velocità di percorso (circa 30 Km/ora), non solo la “navigazione strumentale” ma soprattutto il tempestivo preavviso al Comandante che la distanza di sicurezza prestabilita (rilevata dalla ridondante strumentazione di bordo) stava per essere raggiunta e che la nave si apprestava a virare.
Osservando i grafici
Si può infatti, notare in figura, la traccia della quasi perpendicolarità dell’ avvicinamento e della profondità di penetrazione verso l’ isola prima di effettuare la virata su una linea parallela al porto del Giglio, per eseguire il rituale “inchino”.
La distanza da terra a questo punto, non è purtroppo quella che era stata richiesta. Al momento in cui la nave raggiunge la parte più prominente dell’ isola (a cui doveva riferirsi la distanza di sicurezza) si troverà a soli 313 metri da terra, anziché a 927 come doveva. Quando Schettino assume in prima persona la direzione della manovra e prende manualmente il timone (21.39) naviga per alcuni minuti prima dell’incidente.
D’ altra parte, al momento della richiesta del Comandante, essendo la Concordia ancora relativamente lontana dal Giglio – così come meglio si nota nel grafico – la nave poteva (e doveva) essere controllata solo attraverso la strunetazione di bordo e immessa poi, nella rotta parallela al porto, tale da rimanere distante mezzo miglio dai punti più avanzati della costa.

La distanza di sicurezza
A mezzo miglio dalla costa la profondità del mare sulla rotta che la Concordia doveva seguire assume il rispettabile valore di svariate decine di metri, contro il massimo pescaggio della carena che supera appena 8 metri.
Quindi, non solo la distanza di sicurezza non avrebbe fatto trovare sulla linea percorsa alcuno scoglio o insidia subacquea, ma considerata la differenza di profondità, non poteva incombere neppure il lontano rischio di qualche strisciata sotto la chiglia.
Nella realtà, le cose sono andate diversamente; osservando, infatti, i grafici, si può notare che la Concordia è stata portata abbondantemente oltre la misura prestabilita, tanto che ora sta addirittura risalendo la costa per portarsi, davanti al Giglio. La linea dei 313 metri rappresenta circa un terzo di quelle fatidiche 0,5 miglia che Schettino aveva deciso di tenere dall’ isola, per eseguire davanti al porto l’incombenza dell’ altrettanto fatidico “inchino”. Ma in questo modo tutto sarebbe andato liscio.

Le inquietanti presenze
Si trovano sul ponte o sulla complessiva area di comando non soltanto alcune presenze estranee alla manovra alle quali è stata già data sufficiente enfasi, ma anche l’ addetto navigazione strumentale (navigazione che si avvale di computer, radar, sonar, sistema Gps), il Timoniere, l’ Ufficiale di Guardia e un secondo Ufficiale di Coperta ed altro personale: tutti addetti alla sorveglianza delle manovre e in particolare di quelle di un certo impegno tecnico nelle peculiari condizioni di navigazione in cui queste si svolgono.
Esiste insomma, uno staff di equipaggio intorno al Comandante che osserva, controlla e riferisce a lui ogni condizione che rende più agevole o più pericolosa la navigazione.
Non si tratta di una facoltà discrezionalmente esercitata da un gruppo di volenterosi ma di un’ equipe ufficialmente incaricata all’ esercizio di queste mansioni di bordo durante la navigazione.
Il punto della situazione
Che cosa faceva tutta questa gente quando la nave superava la linea di 0,5?
Per quali ragioni oggettive o per quali motivi personali non è stato avvisato il Comandante che il limite da lui stesso richiesto era stato superato?
Non sarebbe, infatti, credibile, a fronte dell’ intenzione di Schettino di avvicinarsi all’ isola fino a quella distanza, che tutti quanti siano rimasti così indifferenti o così distratti di fronte ad un evento eccezionale di navigazione. Non vi è, infatti, alcuno tra questi che abbia riferito al Comandante alcunché della distanza ormai abbondantemente superata e della notevole vicinanza in cui la nave si trovava dalla costa del Giglio.

Ristabilendo i valori
La prima domanda che ricorre alla mente è come sia stato mai possibile arrivare alla consegna del timone a Schettino nelle condizioni che dalla sequenza del tracciato radar, appaiono, fino a prova contraria, già irrimediabilmente compromesse.
Sopra un fondo costellato di rocce più o meno sommerse a pochi metri di profondità, solo un miracolo poteva portare fuori la nave. Era infatti molto improbabile, anche per un abile Comandante come fino allora era stato Schettino, scansare tra una virata e l’ altra le secche che ormai si intravedevano lungo il percorso. Una sagoma indeformabile larga 30 e lunga 290 metri difficilmente non avrebbe urtato, magari con l’ ultima scodata qualche spuntone di roccia, come purtroppo è stato.
L’ abilità di Schettino ha solo evitato in quell’inferno di artigli subacquei che la Concordia non incontrasse di prua alcun ostacolo. Quella sarebbe stata una vera e propria catastrofe!
Cercare il movente di tanto silenzio mantenuto su questi antefatti fondamentali, significherebbe anche intraprendere la giusta strada per rendere in termini di giustizia “A ognuno il suo”.

Alberto Zei

Alberto Zei

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