ROMA – di Alberto Zei.
Le nuove rivelazioni sul caso Concordia.
La condizione in cui si trova il Comandante Schettino alla luce dei nuovi fatti che stanno emergendo in relazione all’impatto sulle secche delle Scole, implica un riesame più approfondito dell’ intera vicenda. La situazione di contorno da cui è iniziata sulla Concordia nella tragica notte del 11 gennaio scorso quella sorta di “effetto domino” degli eventi, ha reso praticamente inefficace ogni possibile azione di contrasto.
Lo squarcio causato lungo la carena dalle sporgenze della secca ha provocato sulla nave una sequenza di condizioni e di fatti, tutti negativi, che sono subentrati gli uni agli altri, come in una serie di matriosche. Infatti, la gravità progressiva degli eventi non consentiva di sottrarsi a questi senza incorrere in pericoli ancor più gravi.
Facile dire che per evitare fatti e misfatti basta non essere coinvolti o non commettere le azioni che li determinano. Conclusione facile a dirsi, come appunto, oggi si dice, puntando l’ indice del “J’accuse” contro Schettino.
Per questa ragione, che risponde alla logica generale adottata finora nei confronti del Comandante della Concordia, viene precisato e ripetuto in ogni occasione mediatica che è proprio Schettino il responsabile di tutta la tragedia in quanto è lui che ha causato la prima gravissima circostanza dell’ impatto sulla secca dalla quale si è innescata l’intera catena degli eventi, ossia, di tutto ciò che di negativo è poi accaduto. Egli, infatti, è stato finora ritenuto a torto o a ragione il responsabile e il giusto capro espiatorio dell’ intera tragedia.
Il riesame della situazione
La differenza di lettura del caso Concordia che si vuole qui mettere nella giusta evidenza, riguarda le condizioni in cui la nave si è avvicinata in prossimità della costa, nella imminenza della manovra di disimpegno dalle isole delle Scole per sfilare davanti al porto del Giglio.
La responsabilità dell’impatto sulle pendici della secca, avvenuto durante questa oprazione, viene attribuita senza alcun dubbio al Comandante; ma alla luce di quanto è oggettivamente emerso da un più approfondito esame della documentazione disponibile, la circostanza non è imputabile alla imperizia o incapacità o ad altra negligenza di Schettino per non aver saputo prendere in considerazione la realtà dei fatti ma a tutt’ altra causa.
In senso metaforico si potrebbe dire che tutto ciò è stato determinato invece, da un “fuoco amico” di uno o più “cecchini”, si fa per dire, che hanno sparato alle spalle del comandante nel momento più critico; infatti, quando Schettino aveva ordinato al timoniere una virata a sinistra, questi ha invece accostato a destra, causando non soltanto una perdita di tempo prezioso ma una accentuazione della sbandata che, come meglio si vedrà in seguito, risulterà fatale anche con la successiva correzione di rotta.
Da questo momento la decisione del timoniere, in una manciata di secondi, trasforma la vicinanza delle roccie in uno stato di estremo pericolo per l’ incombente impatto contro la secca; decisione sbagliata, negligente, voluta e forse anche di più di quanto possa sembrare; decisione che comunque disattende appieno l’ordine impartito dal comandante.
L’ approssimarsi della collisione
Quando la nave risalendo la costa del Giglio, trova sulla sua rotta le secche antistanti le isole delle Scole, vira dritto verso il largo.
Ore 21,44’ 34” Dopo questa virata Schettino prosegue con barra al centro per 10”, fino a 150 m dagli scoglietti emergenti.
Non bisogna dimenticare che la Concordia è lunga 290 m e larga 35 e quando effettua una virata “scoda” (alla maniera del tram per rendere l’ idea) dalla parte opposta a quella in cui gira.
La spinta di lato che l’ “opera viva” (superficie laterale sommersa) della nave esercita sull’ acqua con una virata di 20° per forza centrifuga, arriva ad oltre 1,4 milioni di tonnellate, scarrocciando lo scafo fuori dalla rotta e spingendo soprattutto la poppa che tende ovviamente ad allargarsi.
Per evitare quindi, il pericolo che la parte posteriore della fiancata sinistra arrivasse a sfregare gli speroni di roccia subacquei, il comandante doveva neutralizzare la rotazione con una manovra opposta.
La causa dell’ impatto sulla roccia
Questo passaggio è essenziale per meglio comprendere l’ intera vicenda, poiché la rotta di collisione contro la secca ha origine proprio adesso.
Con l’ ausilio del grafico GPS e del video sintetico riportato in scala nel relativo filmato, ben si comprende anche senza i calcoli matematici effettuati, che la collisione della parte poppiera contro la secca è avvenuta non già per il transito a raso delle sue sporgenze, in quanto in tal caso le rocce avrebbero almeno piegato la pinna trasversale antirollio che si protende per diversi metri al centro della nave. Vediamo le sequenze.
Alle 21,44’44”. Schettino, 150 metri prima degli scogli, come è riportato in figura, dà ordine al timoniere di accostare a sinistra di 20° per interrompere la precedente sbandata non ancora esaurita. Questi arbitrariamente esegue invece, la manovra contraria, virando ancora a destra di 20°. La Concordia a questo punto, accentua ancor di più la rotazione della poppa verso le rocce.
Dopo sei secondi, alle 21,44’,50”, appena Schettino si rende conto che il timoniere stava portando la nave sulle secche, ordina di chiudere le porte stagne, ritenendo evidentemente che l’impatto sarebbe stato molto probabile.
Forse per questo, forse per altro, il timoniere ritorna sulle proprie decisioni e dopo 13 secondi dall’ ordine, riconduce la nave nella direzione indicata da Schettino
Sono ora le 21,44’ 57, assolutamente troppo tardi per evitare la collisione.
A questo punto la situazione a bordo diviene concitata, la collisione infatti avverrà appena 9 secondi più tardi, alle 21, 45. 06” provocando il noto squarcio lungo la fiancata che inizia a 195 metri dalla prua.
Che dire?
A prescindere per il momento, dalle motivazioni del timoniere, preme sottolineare che se questi si fosse semplicemente attenuto agli ordini ricevuti dal comandante, non vi sarebbe stato alcuna collisione contro le rocce né sommerse né emerse, poiché la nave sarebbe transitata ad alcune decine di metri oltre la secca. E questo era sufficiente ad evitare la tragedia che ne è seguita.