E io la guardavo e il suo viso era sereno, il suo fare pacato e cordiale.
Il lavoro, nonostante il turno di notte, non la spaventava, le piaceva, anzi. Rispondeva sempre in modo garbato, anche alle sollecitazioni più estreme e alle provocazioni più pesanti, quelle con sottofondo macabro, legato al sesso.
Lei assisteva allo svolgersi degli eventi senza prenderne parte. Guardava la madre ballare –in quel bar in periferia-, nella sua minigonna un tantino troppo succinta e la guardava con occhi paterni. Le pareva quasi che, a suo modo, si stesse esponendo al dileggio di quanti potessero fare il confronto fra le due.
Danzava come se non si accorgesse di nulla, con il ritmo impresso ai movimenti del suo corpo sinuoso. Eppure era ben consapevole che la sua giovinezza era svanita, nonostante esibisse ancora un bel viso e un corpo invidiabile. Lei, donna matura e piacente, cercava per quanto possibile, di godersi la vita.
Gli uomini intorno non le mancavano, come neppure gli occhi addosso, di uomini e ragazzi affamati di sesso. Ne era consapevole, come lo era del fatto che avesse una figlia già grande che frenava il suo savoir vivre.
Per carità, mica la sentiva come un peso. Una figlia resta pur sempre un gioiello e, difatti, ne era ben fiera della sua stoicità nell’applicarsi al lavoro, ma la vita continuava e lei continuava a viverla, dietro quel trucco leggero applicato sul viso.
Io le osservavo, senza proferire suono, ed entrambe mi facevano tenerezza. Una tenerezza che si esprimeva con occhi differenti. Adoravo la figlia che, paradossalmente, in quel suo vestire casto, aveva per l’altra, occhi di madre. E adoravo la madre perché voleva riprendersi la rivincita sulla sua giovinezza, nonostante capisse bene che il tempo degli amori folli fosse ben lontano.
Un giro di salsa, poi un altro.
Il suo sorriso come anche il suo entusiasmo, non avevano cali.
Poi lasciò la preda, un ragazzo scuro sui quaranta e si diresse verso di me.
Balli? –mi chiese-
Da sempre –le risposi-.
La figlia, in quel frangente, era intenta a servire un cliente bavoso.
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