L’Unione europea protesta ad alta voce, dopo le rivelazioni dello Spiegel e del Guardian, sulle attività di spionaggio degli americani nei confronti delle ambasciate occidentali.
Ieri la Commissione Ue ha dato mandato al suo più alto rappresentante per la politica estera, Catherine Ashton, di sollevare la faccenda Datagate a Bruxelles e a Washington, e si aspetta che gli Usa facciano chiarezza e che siano trasparenti.
L’America, dal canto suo, si difende prima con il presidente Barack Obama, che in queste ultime ore, ha più volte dichiarato: «Forniremo agli alleati europei tutte le informazioni che vogliono riguardo alle accuse di spionaggio», poi con Il segretario di Stato, John Kerry, che anche evitando di commentare direttamente la vicenda ha voluto comunque precisare che la ricerca delle informazioni sugli altri Paesi non è «inusuale».
Il vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani, in mattinata ha invece preannunciato che domani a Strasburgo si parlerà sicuramente della questione, aggiungendo: «Se le notizie di stampa fossero confermate sarebbe un fatto preoccupante che non agevolerebbe la trattativa per un accordo di libero scambio Ue-Usa. Bruxelles è un crocevia di spie, lo è sempre stato, tutti controllano tutti, ma certo se fosse vero che gli Usa hanno spiato l’Unione europea, o paesi dell’Unione, mentre sono in corso trattative per arrivare a un accordo di libero scambio, certamente questo sarebbe un fatto preoccupante ma siamo ancora all’inizio della trattativa. L’accordo dovrebbe essere firmato nel 2015, quindi esistono ancora margini, anche perché per far saltare un accordo vanno verificati bene i fatti, quali siano le responsabilità, se esiste o no una responsabilità oggettiva degli Stati Uniti, i quali devono far chiarezza. In particolare bisogna accertare come si sono svolti i fatti, se l’iniziativa è partita dal governo Usa oppure se tutto è frutto di iniziative personali di qualche dirigente dei servizi segreti Usa. E questo cambierebbe nettamente la prospettiva, quindi dobbiamo essere cauti, anche se ovviamente questo fenomeno non accelera i negoziati».
Nel frattempo sono arrivate anche le reazioni ufficiali della Germania e della Francia che per voce della cancelliera Angela Merkel e del presidente Francois Hollande hanno richiesto risposte ufficiali e convincenti agli Stati Uniti.
Ernesto De Benedictis