Qualcuno di questi giorni, cantava Sophie Tucker, me ne andrò via.
E invece accadde l’opposto, fu lei ad andare via e lo fece in un modo anomalo, inaspettato. Nessuno credette alla storia della scomparsa. Ognuno di loro ipotizzava losche storie d’amore alle mie spalle e ognuno di loro puntava, di nascosto, l’indice verso di me.
Io soffrivo in silenzio.
Dapprima rimasi incredulo, quasi a non voler accettare l’accaduto poi, man mano che il tempo trascorreva inesorabile e senza risposte, man mano che il tempo iniziava a calcare la mano nello spazio della memoria, la mia divenne una strada buia. La nausea prese il sopravvento.
La mattina, sveglio e esausto, dopo una notte passata in cerca dei ricordi, mi avviavo a consumare il caffè lì dove la mia vita era trascorsa -con la sua presenza al mio fianco-. Lì trovavo la pace, lì i miei istanti prendevano forma e mi carezzavano silenti.
Burro e luce. Questo ricordavo di lei, questo era ancora lei.
Il silenzio creava distanza e la solitudine induceva ai vizi. Donne e fumo. Donne di passaggio, donne che non avrei mai più rivisto -se non negli occhi suoi, quasi a ricattarmi su ciò che ero stato-.
Lei non ne seppe mai nulla: bastava la mia mala coscienza a darmi il segnale.
Agitato eppure inerme, un lassismo indomito. Poi donne e ancora donne. Carne e delizia, giochi di luna e abbracci pieni di nulla.
Il nulla, la nausea.
Il giorno dopo sarebbe stata nuova vita e nuovi amori.
I ricordi. Quelli facevano male.
I ricordi di tanta vita e dei suoi sospiri soffiati sul mio corpo già flaccido di mancate speranze.
Quanta vita era passata con lei, quanta vita era trascorsa senza di lei.
Mai seppi che fine avesse fatto.
Anche agli amici lasciò solo il dolore del vuoto, null’altro.
Gocce di luna,
questa sera mi sei vicina.
Sussurrami ancora parole d’amore.
Io ti penso ancora.
liberamente ispirato a “LA NAUSEA” di Jean-Paul Sartre
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